Il digiuno intermittente, o “Intermittent fasting” è una delle pratiche più in voga del momento. La diffusione di tale approccio va di pari passo con un cambiamento di mentalità e una maggior consapevolezza che il digiuno può non significare nulla di sbagliato: se gestito in maniera corretta, è sicuramente un metodo molto efficace per dimagrire e soprattutto, si è rivelato il protocollo più adatto a migliore condizioni di inflessibilità metabolica. Andiamo nel dettaglio e cerchiamo di capire come e perchè.
DIGIUNO INTERMITTENTE: CHE COS’E’
Il digiuno intermittente comprende un’ampia categoria di strategie alimentari caratterizzate da un periodo di digiuno alternato ad un periodo di alimentazione.
Macroscopicamente, l’Intermitting fasting è suddiviso in due grandi famiglie: l’Intermitting calories restriction (ICR) e il Time Restricted Feeding (TRF). Senza andare troppo nel dettaglio, possiamo dire che il primo approccio prevede, all’interno di un certo periodo (in genere una settimana) dei giorni di digiuno totale o semi-digiuno e altri di alimentazione “ad libitum”, senza quindi limiti di quantità o restrizioni dietetiche particolari; il secondo approccio prevede invece periodi più ristretti di alimentazione alternati a periodi di digiuno all’interno delle 24 ore(il più utilizzato è quello che prevede 16 ore di digiuno e 8 di alimentazione).
BENEFICI METABOLICI
A prescindere dal tipo di protocollo utilizzato, alla base dell pratiche dell’IF c’è l’idea di “costringere” il metabolismo energetico a shiftare da una condizione in cui le cellule sono fortemente dipendenti dal glucosio,e conseguentemente dall’insulina, ad una in cui diventano rilevanti altri carburanti metabolici, i grassi.
L’essere umano utilizza sempre una miscela di substrati per produrre energia,e determinati tessuti preferiscono un carburante piuttosto che un altro. Proprio per la necessità di dover utilizzare un substrato energetico o l’altro, è importante che l’organismo sia in grado di effettuare lo “shift” tra i diversi carburanti: tale capacità è definita flessibilità metabolica.
Se riuscite a digiunare per diverse ore senza problemi, o se dopo un piccolo pasto in grado di stimolare i maniera rilevante i livelli di insulina non avete effetti collaterali ( sonnolenza, astenia e/o aumento del senso di fame) probabilmente avete una buona flessibilità metabolica.
In caso contrario, è molto probabile che siate metabolicamente inflessibili e che quindi il vostro corpo non è in grado di utilizzare i grassi a scopo energetico
E’ stato ampiamente dimostrato che il digiuno, e quindi anche i protocolli di digiuno intermittente, possono aiutare a migliorare la flessibilità metabolica, ovvero, insegnare al corpo ad utilizzare maggiormente i grassi in determinate situazioni.
Un altro grande vantaggio del digiuno è la possibilità di essere adattato alle esigenze di ognuno: a livello endocrino, la frequenza dei pasti o l’orario in cui questi vengono consumati nell’arco dell giornata, non ha alcuna influenza rilevante. Questo significa che tra il digiunare saltando la colazione o il pranzo o la cena non vi sarà alcuna differenza, scardinando quelle credenze per cui, ad esempio, non bisognerebbe saltare la colazione, considerato è il pasto più importante della giornata: è stato ampiamente dimostrato che la scelta tra il fare e il non fare colazione debba essere esclusivamente basata sulle abitudini e preferenze dell’individuo, in quanto non influenza assolutamente l’aumento o la perdita di massa grassa.
Digiuno Intermittente: BENEFICI SULLA SALUTE
Dal punto di vista della salute in generale, il digiuno sembrerebbe essere associato a :
Diminuzione del grasso e del peso corporeo.
Minor perdita di massa muscolare in una dieta ipocalorica
Diminuzione dei livelli di glucosio nel sangue
Diminuzione dei livelli di insulina e aumento della sensibilità ad essa
Aumento della lipolisi e l’ossidazione dei grassi
Incremento della proteina di disaccoppiamento mitocondriale (aumento del dispendio calorico)
Aumento dei livelli di noradrenalina e adrenalina
Aumento dei livelli del glucagone
Aumento dei livelli del GH
Diminuzione dello stress correlato al cibo
Diminuzione dell’infiammazione sistemica cronica
Autofagia mitocondriale
COSA SAPERE SULL’ INTERMITTENT FASTING
Il digiuno intermittente è un programma abbastanza flessibile e permette a chiunque con qualsiasi tipo di alimentazione di seguirlo.
E’ necessario però fare alcune precisazioni.
IL METODO FUNZIONA SE ALLA BASE C’E’ UN DEFICIT ENERGETICO
Nella descrizione del protocollo di intermitting fasting, molti autori parlando di “iper-alimentazione controllata”, e questo è altamente fuorviante per chi crede che basti digiunare 16 ore per poi potersi ingozzare all’infinito.
Non è infatti il digiuno in sè a favorire il dimagrimento e i benefici metabolici, bensì il vantaggio derivante dal ristretto lasso di tempo in cui è possibile alimentarsi.
Effettuando ad esempio il protocollo 16/8, le 8 ore a disposizione per alimentarsi rendono maggiormente probabile un controllo calorico, anche mangiando ad libitum, che tenderà ad essere sicuramente minore rispetto ad una dieta comune. E non sto dicendo che le calorie non contano per dimagrire, tutt’altro: anche se tecnicamente questo approccio non prevede calcoli o restrizioni particolari, il deficit calorico, in un modo o nell’altro, si instaura.
NON E’ UN PROTOCOLLO ADATTO A TUTTI
In modo particolare il digiuno intermittente è sconsigliato a:
Soggetti con patologie e/o che assumono farmaci, previa consultazione medica
Bambini e adolescenti
Donne in gravidanza/allattamento
Soggetti che soffrono di disturbi del comportamento alimentare
Sopratutto per quanto riguarda il punto 4, è stato recentemente visto che alternare periodi di digiuno a periodi di alimentazione, possa addirittura esacerbare disordini del comportamento alimentare.
ESTREMIZZARE NON E’ LA SCELTA GIUSTA
Non ragionate con il “tutto o niente”, siate flessibili. Il metodo è sicuramente valido, e idealmente può essere portato avanti tutti i giorni e per lunghi periodi di tempo, ma nessuno vi chiede di essere così estremisti.
Quello che vi consiglio è innanzitutto di procedere per gradi iniziando con 1 giorno a settimana, utilizzando il metodo 16/8 che è il più flessibile, e raggruppando quello che avreste mangiato in una giornata nelle 8 ore concesse.
Una volta che avete preso confidenza con questa nuova abitudine, potreste ripeterla durante la settimana, 2,3, massimo 4 volte a mio parere, a seconda delle vostre esigenze e dei vostri impegni giornalieri.
Non essendo una dieta, ma solo una modalità con cui questa può essere seguita, l’IF può essere applicato a qualsiasi protocollo alimentare; funziona bene per chi non ama fare 5-6 pasti al giorno, o per chi non ha tempo per cucina/preparare i pasti/ lavare i piatti etc.
Funziona molto bene anche per gli sportivi che attuano una ciclizzazione calorica e/o glucidica nell’arco della settimana: in questi casi, i giorni OFF potranno coincidere con le giornate di digiuno intermittente.
Concludo precisando nuovamente che sì, è anche un‘ottima soluzione per chi vuole dimagrire e migliorare la propria flessibilità metabolica, ma solo e soltanto se alla base vi è un deficit calorico.
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Iniziamo questo viaggio insieme, verso la tua consapevolezza alimentare.
Una delle domande che più spesso mi viene posta è “Qual è la dieta migliore per dimagrire?”.
E’ un po’ come chiedere “Qual è l’auto migliore?” … DIPENDE! La miglior macchina per una famiglia con bambini non sarà certamente la stessa per un uomo il cui unico scopo è quello di impressionare quante più donne possibili.
E lo stesso vale per la dieta. Il meglio può essere definito solo in relazione al contesto specifico. Ciò che è meglio per un principiante obeso non è lo stesso per un atleta o un bodybuilder magro. E ci sono molti altri fattori che vanno considerati per decidere se quel dato approccio dietetico può essere considerato il migliore in un dato contesto.
Oggi vorrei affrontare con voi alcuni dei fattori generali che andrebbero presi in considerazione per rendere una dieta realmente vincente.
GLI OBIETTIVI DELLA DIETA PER DIMAGRIRE
In generale, uno degli obiettivi di una dieta dovrebbe essere la perdita di peso, ma questo è più concettualizzato come miglioramento della composizione corporea. Nella stragrande maggioranza dei casi, ciò significa massimizzare la perdita di grasso e mantenere o, in alcuni rari casi, aumentare la massa magra. Sì, ci sono casi in cui una perdita di massa magra è considerata accettabile, ad esempio negli stati più avanzati di obesità, ma, al di fuori di questo, l’obiettivo di una corretta dieta non dovrebbe essere semplicemente la perdita di peso, ma piuttosto la perdita di grasso.
Ovviamente una dieta non dovrebbe sacrificare la salute e questo significa garantire quantità sufficienti o almeno adeguate di tutti i nutrienti essenziali: ciò significa quantità sufficienti di proteine alimentari, acidi grassi essenziali e vitamine / minerali (di solito ottenuti da frutta e / o verdura). Tutto il resto è, a rigor di termini, facoltativo, nel senso di essere nutrizionalmente richiesto. Ma qualsiasi dieta che non soddisfa almeno questi tre requisiti (proteine, EFA, micronutrienti), non è una buona dieta.
In un mondo ideale, una buona dieta potrebbe smussare o almeno aiutare a controllare la fame. Questo è spesso più facile a dirlo, soprattutto nelle ultime fasi di un percorso dimagrante, ma qualsiasi dieta decente per la perdita di grasso dovrebbe almeno tentare di affrontare il problema della fame; ed è chiaro che alcuni modelli dietetici sono migliori di altri in questo senso.
Allo stesso modo, una dieta dovrebbe almeno corrispondere alle preferenze alimentari del soggetto; ovviamente ci deve essere qualche restrizione, altrimenti non sarebbe una dieta, ma aspettarsi che le persone mangino cibi che a loro non piacciono è generalmente la ricetta perfetta per il fallimento.
Per gli individui attivi vi è una preoccupazione aggiuntiva per il mantenimento delle prestazioni fisiche durante una dieta. Questo è ancora più importante per gli atleti. Essere in grado di mantenere una performance di alta qualità è importante per una serie di motivi e le diete possono modificare questa capacità; il tipo di esercizio che viene svolto ha anche un impatto su questo. Trovare un equilibrio tra dimagrimento e mantenimento delle prestazioni fisiche non è per nulla facile.
Infine, una dieta ideale per la perdita di grasso dovrebbe fornire almeno qualche possibilità di consentire al soggetto, una volta in mantenimento, di non riguadagnare tutto il peso e il grasso persi. Certamente questo non si riduce alla dieta stessa , ma è importante. La dieta per il dimagrimento non deve necessariamente essere identica all’approccio per il mantenimento , ma essere in grado di passare dalla dieta vera e propria al mantenimento senza enormi cambiamenti tende ad essere benefica; le abitudini alimentari stabilite durante la dieta stessa possono fungere da “base” per l’approccio di mantenimento.
In ogni caso, gli unici requisiti che a mio parere rendono una dieta non perfetta, ma sicuramente efficace, sono:
1) Lo squilibrio tra input e output energetico. Se non c’è deficit di energia, nessun grasso andrà perso.
2) Fornire i nutrienti essenziali: proteine, grassi essenziali e micronutrienti
Vorrei anche ricordare che la combinazione di dieta ed esercizio fisico tende ad essere superiore alla sola dieta. Molte persone hanno perso peso / grasso senza di esso, semplicemente generando un deficit dall’alimentazione, ma i benefici dell’attività fisica vanno ben oltre la mera perdita di peso.
Tutto il resto, quindi frequenza del pasto, schema del pasto, tutte le cose a cui le persone tendono ad aggrapparsi non sono essenziali; possono essere di certo utili, ma non è da questi fattori che dipende la buona riuscita di una dieta.
MA QUINDI.. ESISTE LA DIETA MIGLIORE PER DIMAGRIRE?
Tutte le diete, se rispettano i due fattori sopra citati, funzionano e anche bene.
Detto ciò, ci sono sicuramente alcuni fattori da considerare nella scelta di un approccio dietetico specifico, che cambieranno in base al tipo di soggetto e alle personali esigenze.
LA FAME
Diete differenti controllano la fame in misura migliore o minore.
Le proteine sono il fattore chiave per smorzare la fame, ma sembra esserci una differenza tra individui magri e obesi in base a quali ormoni hanno un impatto maggiore; poiché i diversi nutrienti influenzano gli ormoni della fame in modo diverso, per estensione ciò significa che gli obesi possono fare più facilmente diete differenti rispetto alle persone magre.
Data la tipica resistenza a leptina e insulina negli obesi, questo non è sorprendente. Ma c’è spesso una grande differenza individuale in tutto questo. Non è sempre correlato ai livelli di grasso corporeo, anche se tende a essere facilmente coinvolto a causa del prossimo fattore: la sensibilità all’insulina.
SENSIBILITA’ ALL’INSULINA
L’insulina svolge molti ruoli all’interno del nostro corpo e la sensibilità relativa alle sue funzioni ha un impatto su tutti questi aspetti. Soggetti con bassa sensibilità all’insulina spesso sovraproducono insulina, e ciò potrebbe essere l’ideale per abbinare la dieta a questo aspetto. Sfortunatamente, è difficile determinarlo al di fuori del laboratorio.
Certamente l’insorgenza di insulino-resistenza / sovre-secrezione di insulina è strettamente correlata all’obesità, ma questo non è universale; le persone magre possono essere resistenti all’insulina (geneticamente) e gli individui obesi possono avere una normale sensibilità all’insulina. Quindi non ci sono garanzie.
Alcune linee guida generali suggerisco quanto segue:
Se ti ritrovi ad avere sonnolenza o sbalzi di energia con un’elevata assunzione di carboidrati, questo tende ad essere indicativo di una scarsa sensibilità all’insulina o di un eccesso di rilascio di insulina e viceversa. Se ti senti energico con livelli di energia stabile a carboidrati più alti (o se provi una forte sensazione di sazietà) sei quasi sicuramente sensibile all’insulina (e probabilmente alla leptina).
Per le persone che praticano allenamento con i pesi, se ottengono un buon pump e pienezza muscolare dopo una maggiore assunzione di carboidrati, probabilmente hanno una buona sensibilità all’insulina; le persone che tendono a gonfiarsi spesso hanno una scarsa sensibilità all’insulina.
Sia chiaro, quanto sopra non è assolutamente una regola, ma solo un modo approssimativo per stimare la sensibilità o la resistenza all’insulina.
In linea generale, gli individui con una buona sensibilità all’insulina sembrano reagire meglio a diete ricche di carboidrati e viceversa; le persone con scarsa sensibilità all’insulina performano meglio con carboidrati bassi e grassi più alti, e in questo caso meglio è su tutta la linea: migliore soppressione della fame, livelli energetici più stabili, aderenza più semplice e, per questo motivo, spesso una maggiore perdita di grasso.
LIVELLI DI GRASSO CORPOREO
Naturalmente, i livelli di grasso corporeo hanno un impatto su molti fattori correlati a questo, come ad esempio la sensibilità all’insulina: generalmente questa peggiora con l’aumento dei livelli di grasso corporeo, ma, come detto in precedenza, questo non è universale.
Ancora più importante, gli individui con elevati livelli di grasso corporeo non perdono tanta massa magra in dieta e non devono preoccuparsi altrettanto del consumo totale di proteine (ne richiedono anche meno); persone più snelle che cercano di diventare molto magre hanno invece un enorme problema con la perdita di massa magra.
C’è anche il problema del grasso corporeo ostinato e questo è particolarmente vero per il grasso localizzato nella parte inferiore del corpo, problema che affligge principalmente delle donne. La fisiologia specifica di quel grasso spesso richiede uno specifico approccio dietetico, formativo o integrativo, per mobilizzarlo e bruciarlo efficacemente. Gli uomini, in generale, non hanno bisogno di altrettante variazioni, anche se spesso traggono vantaggio da approcci leggermente diversi.
ESERCIZIO FISICO
Ed infine c’è l’esercizio fisico, troppo spesso male interpretato o, ancora peggio, ignorato. Non può esserci una dieta per dimagrire senza un adeguato esercizio fisico.
Un principiante che inizia un programma di esercizi a basso livello o che svolge solo attività a bassa intensità ha requisiti molto diversi da un atleta magro che esegue un certo volume di esercizi ad alta intensità, e questo ha un impatto significativo sulla scelta alimentare (l’esercizio migliora anche la sensibilità all’insulina al di fuori dei livelli di grasso corporeo).
E la parte divertente è spesso che le considerazioni di cui sopra interagiscono o si contraddicono a vicenda. Un atleta coinvolto in un allenamento pesante che è geneticamente insulino-resistente può aver bisogno di avere carboidrati bassi a causa della sua condizione, ma ha anche bisogno di avere carboidrati più alti per supportare l’allenamento.
QUAL E’ QUINDI QUESTA FAMIGERATA DIETA PER DIMAGRIRE?
.. DIPENDE!
La dieta migliore è quella che più si adatta a voi.
Ciò però non deve prescindere dai due concetti basilari che rendono ogni dieta efficace: il deficit calorico e il giusto apporto di nutrienti essenziali.
Il resto dipenderà da tutte le sfumature che abbiamo visto in precedenza, e che dipendono principalmente dal soggetto in questione.
Ciò che renderà una dieta perfetta sarà semplicemente la sua affinità alle vostre caratteristiche. La dieta per dimagrire adatta a tutti, è un sogni che non si realizzerà mai. Siamo tutti diversi, e proprio per questo ogni dieta sarà differente, e funzionerà in maniera differente per ognuno di noi.
Il binomio donna-palestra è ancora oggi molto controverso. Nonostante di sana informazione ce ne sia abbastanza e, seppur lentamente, stiano avvenendo dei cambiamenti a riguardo, mi ritrovo spesso a scontrarmi con persone del mio stesso sesso quando viene affrontato l’argomento delle donne in sala pesi. Eppure, l’allenamento al femminile non è molto diverso da quello maschile. Con i dovuti accorgimenti, una donna può allenarsi in sala pesi senza diventare Hulk!
In questo articolo condividerò con voi la mia personale esperienza e cercherò di scardinare i falsi miti che ruotano attorno le donne e la palestra.
SONO STATA ANCHE IO UNA DI VOI
Lo confesso, agli inizi della mia carriera da frequentatrice assidua di palestra, gli unici macchinari che utilizzavo erano quelli per l’allenamento cardiovascolare. Il tapis roulant era il mio migliore amico, e la sala attrezzi era un posto totalmente conosciuto.
La cosa triste era che a quei tempi pesavo 35 kg e quelle macchine avrei dovuto guardarle col binocolo. Lo stesso staff della palestra asseriva che la donna doveva allenarsi in modo diverso da un uomo, e ovviamente, da ignorante in materia, non osavo controbattere, anche perchè ai tempi la sala pesi sembrava riservata esclusivamente al sesso maschile.
Questo fortunatamente avveniva 10 anni fa, e le poche ragazze che provavano ad alzare dei pesi venivano quasi schernite per la loro volontà di allenarsi seriamente, “come un uomo”.
In ogni caso, dopo qualche anno, presa coscienza della mia imbarazzante situazione, mi lasciai convincere da un mio compagno di università che mi spronò a smettere di andare a perdere tempo e ad iniziare ad allenarmi seriamente, per modificare la mia composizione corporea.
Il P.T. di sala, sotto mia richiesta, preparò la mia prima scheda: ricordo ancora la mia prima chest press e i miei primi curl bicipiti ( a dir poco imbarazzanti) e la mia grande emozione nello spostare finalmente dei carichi; mi sentivo forte, ma mi stavo allenando con i classici pesi da Barbie, perchè ovviamente rimanevo comunque una donna e non potevo utilizzare altro, altrimenti sarei diventata grossa. Ah, la biologia, quella sconosciuta..
Dopo vari abbonamenti “buttati” e tanto tempo perso, iniziò la mia curiosità riguardo questo mondo, e iniziai a sperimentare, in maniera del tutto autonoma, tutto quello che leggevo, spinta dai risultati altrui e dalla volontà di migliorarmi.
La mia voglia di cambiare era più forte dei pregiudizi, e soprattutto, iniziai ad appassionarmi sul serio.
Commisi innumerevoli errori, le tecniche d’esecuzione erano imbarazzanti e le metodologie assolutamente non adatte a me, ma io ci stavo provando, io stavo cambiando rotta, io stavo iniziando a capire che una donna che si allena seriamente non solo avrà miglioramenti di forza ed estetici evidenti, ma anche e soprattutto una consapevolezza diversa nel modo di giudicare il proprio corpo.
Mai più un corpo esile, fragile, scarno. Ma un corpo in forma, forte, TONICO.
ALLENAMENTO AL FEMMINILE: QUELLO CHE DEVI SAPERE
Ora che sapete la mia storia, vorrei condividere con voi alcune tips che io stessa ho sperimentato e che, per alcune, rappresentano ancora dei tabù.
1.I PESI NON VI FARANNO DIVENTARE UOMINI
L’ipertrofia (aumento del volume di un organo, nello specifico dei muscoli) è uno dei concetti più fraintesi in merito l’effetto dell’allenamento con i pesi sulle donne.
In una donna provocare ipertrofia consistente non è per nulla facile: manca infatti il corredo ormonale atto a provocare un’ipertrofia significativa del muscolo. La quantità d’ormoni anabolici è inferiore a quella dell’uomo da 10 a 30 volte, non fatevi ingannare dalle donne body builder che vedete in tv… la loro è tutta un’altra storia.
Non siamo biologicamente predisposte a mettere su muscolo, quindi ALZATE QUEI PESI!
2. FARE SOLO CARDIO NON VI FARA’ DIMAGRIRE
I vantaggi dell’attività cardiovascolare sono molteplici: oltre a mantenere un’ottima salute del cuore e del sistema circolatorio, aiuta ad aumentare il dispendio energetico energetico giornaliero.
Questo significa che sì, fare cardio vi aiuterà a bruciare calorie extra, ma non vi farà certamente dimgrire: per perdere peso abbiamo certamente bisogno di ridurre la nostra massa grassa, ma ciò che rende il nostro corpo tonico e asciutto è la massa magra, che non sono altro che i nostri muscoli.
E indovinate un pò qual è l’unico modo per “costruire” una buona massa muscolare? Quindi.. ALZATE QUEI PESI!
3. L’ALLENAMENTO DEVE ESSERE PERSONALIZZATO
Se questa affermazione è valida per l’alimentazione, per allenamento lo è ancor di più. Diffidate da chi vi consegna schede copiate e incollate: ogni corpo è diverso e in quanto tale reagisce a stimoli differenti. Quello che funziona per me può essere completamente inefficiente per te, e questo è di fondamentale importanza se volete ottenere dei risultati efficaci
Ad esempio, è vero che la maggior parte delle ragazze ginoidi hanno benefici nell’alternare un esercizio per la parte inferiore del corpo, con uno della parte superiore, ma questa non è affatto una regola. Ad esempio, nonostante la mia conformazione ginoide, il mio corpo funziona bene con una suddivisione classica di allenamenti di upper e lower, ma prima di saperlo ho dovuto sperimentarlo!
Quindi.. sperimentate e ALZATE QUEI PESI!
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4. IL TROPPO STORPIA!
Ultimo ma fondamentale consiglio: non abbiate fretta di ottenere i risultati! Il corpo ha bisogno di riposo, e risponderà meglio ad allenamenti ben bilanciati e di qualità, piuttosto che a sedute sfiancanti e ripetute senza pausa.
Anche io all’inizio, presa dall’entusiasmo, passavo ore ad allenarmi tutti i santi i giorni, per poi capire che in quel modo stavo solo stressando il mio corpo non permettendogli di esternare i risultati.
Il riposo è fondamentale, e soprattutto all’inizio, puntate sul fare meno ma al meglio: ripetere il gesto e imparare ad effettuare esecuzioni corrette è la base di un allenamento di ottima qualità. Ricordatevi che intensità e volume sono fondamentali, ma un’esecuzione errata comprometterà i vostri risultati!
Quindi.. non abbiate fretta e ALZATE QUEI PESI!
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Iniziamo questo viaggio insieme, verso la tua consapevolezza alimentare.
Regolazione del peso corporeo: Set Point e Settling Point
Negli anni la ricerca scientifica ha approfondito e cercato di comprendere le dinamiche alla base della regolazione del peso corporeo.
In generale si tende a pensare che i cambiamenti di peso e, più precisamente, di massa grassa, dipendano semplicemente dalle abitudini della persona, dall’alimentazione, dall’allenamento e dallo stile di vita.
Quello che siamo oggi è il risultato delle nostri abitudini fino a questo momento, come dire ” chi nasce tondo non può morire quadrato”.. se sei sempre stato in sovrappeso, non riuscirai mai a dimagrire.
Ma è davvero così? Scopriamolo insieme!
I MECCANISMI ALLA BASE DELLA REGOLAZIONE DEL PESO CORPOREO
La maggior parte dei sistemi del corpo è finemente regolata: il nostro corpo tende sempre a mantenere un equilibrio costante per mantenersi in salute, e tende a “settare” dei range entro i quali, in un modo o nell’altro, tende sempre a rientrare ogni volta che ci si discosta da essi.
Negli anni, sempre più studi scientifici hanno dimostrato che ad essere regolata è anche la quantità di grasso corporeo
I principali modelli proposti dalla comunità scientifica per spiegare tali meccanismi sono essenzialmente due: quello del Set Point e quello del Settling Point.
SET POINT
Il Set Point è un range di grasso corporeo in cui tutti i processi fisiologici del corpo sono in perfetta efficienza e salute. Questo valore è fissato in una zona del cervello chiamato ipotalamo ed è determinato geneticamente, ma anche fortemente influenzato dalla storia metabolica di una persona.
Questo range dipende già dalle abitudini alimentari della madre durante la gravidanza: un’alimentazione in eccesso o in difetto durante la gestazione aumenta la predisposizione del nascituro al sovrappeso.
Anche il periodo immediatamente post nascita è fondamentale: è proprio in questa fase, in particolare fino agli 8-10 anni, che avviene la cosiddetta Iperplasia adipocitaria, ossia l’aumento IRREVERSIBILE del numero delle cellule adipocitarie, che potranno in futuro solamente “svuotarsi”, ma non ridursi di numero.
Un maggiore numero di adipociti è correlato a set point più alti, e questo è uno dei motivi principali per cui chi ha un passato di sovrappeso o obesità da bambino è molto più propenso a mantenersi più grasso anche da adulto, e nonostante dieta e allenamento, tenderà ad avere molte più difficoltà a perdere grasso e soprattutto poi a mantenerlo più basso.
Questo accade perchè quando il grasso corporeo si discosta dal range che il cervello reputa ideale, ovvero il set point, il corpo mette in atto dei meccanismi compensatori che agiscono principalmente su:
aumento o diminuzione della fame
aumento o diminuzione dell’attività fisica spontanea non sportiva inconscia (NEAT)
aumento o diminuzione dell’efficienza metabolica (quantità di calorie dissipate ad esempio in calore)
aumento o diminuzione dell’efficienza muscolare (quantità di calorie bruciate per svolgere un determinato compito o esercizio fisico)
In pratica, possiamo dire che :
quando si è sotto il set point il corpo tende ad aumentare la fame, diminuire l’attività fisica e le calorie necessarie a svolgerla (maggiore efficienza) e quindi a cercare di assumere più calorie e bruciano meno
quando si è sopra il set point il corpo tende ad abbassare la fame, aumentare l’attività fisica e le energie dissipate (minore efficienza) e quindi a cercare di diminuire le calorie in entrata ed aumentare quelle in uscita
Il Set point NONSI MODIFICA durante la vita di un soggetto adulto, a causa del numero costante degli adipociti e delle alterazioni ormonali che hanno impostato questo valore nell’ipotalamo.
Tutto ciò è alla base di uno dei grandi problemi dell’epidemia di obesità : non tanto perdere peso, ma mantenere un peso più basso per tutta la vita.
SETTLING POINT
Non tutti gli scienziati sono d’accordo con l’idea di un set point rigido, e preferiscono pensare in termini di Settling Point, un modello in cui il range del Set Point viene sommato a tutte le componenti dello stile vita (allenamento, alimentazione, stile di vita quotidiano etc) facendo si che il corpo si assesti su di una determinata composizione corporea e quantità di grasso trovando un suo equilibrio.
In effetti questo sembra essere il modello più vicino alla realtà delle cose: se ci pensiamo bene, la gente non continua a guadagnare peso a tempo indeterminato, ma piuttosto, in base ai fattori ambientali basati sullo stile di vita e alla loro interazione con la genetica, si guadagna una certa quantità di peso (grasso) fino a stabilizzarsi intorno ad un nuovo peso corporeo (plateau del peso).
E’ proprio su questo che si può “giocare”: se il Set Point non si abbassa mai, ovvero sotto una determinata quantità di grasso corporeo iniziano tutti gli adattamenti negativi di cui sopra, è possibile trovare un proprio equilibrio tra abitudini alimentari, attività fisica e stile di vita ( il Settling Point) per cui è possibile entro un certo limite mitigare questi adattamenti. Solitamente cioè avviene avendo un buon introito calorico ma anche un ottimo consumo energetico ed un ottimo metabolismo, ottenuti tramite costante allenamento e buone abitudini alimentari che diventano parte integrante della vita del soggetto e non più vissute come fasi a termine o restrizioni e sacrifici.
CONCLUSIONI
Come abbiamo visto, la regolazione del peso corporeo è altamente influenzata dalla genetica, dal passato metabolico e dal peso tenuto in infanzia e pubertà, nonchè dall’alimentazione e andamento del peso della madre in gravidanza.
Soggetti con un set point più alto, ovvero persone che naturalmente tendono ad avere percentuali di grasso più alte, devono comprendere ed accettare la loro condizione in modo da poter applicare le migliori strategia.
La cosa migliore da fare , è rendere l’allenamento e la giusta alimentazione uno stile di vita perenne da mantenere per tutta la vita, tenendo bene a mente che gli adipociti muoiono e rinascono, si svuotano e si riempiono, e sono le nostre abitudini alimentari e sportive che nel LUNGO PERIODO inclinano gli equilibri del corpo.
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La scelta della giusta figura professionale per l’elaborazione di una dieta personalizzata e adatta alle proprie esigenze non è affatto semplice.
Dal punto di vista legale, le figure professionali autorizzate alla stesura di piani dietetici sono 3: il Dietologo, il Dietista e il Biologo Nutrizionista.
Cerchiamo di capire meglio cosa si nasconde dietro ognuna di queste figure professionali e cosa può guidarci alla scelta dell’una e dell’altra per la nostra dieta personalizzata.
CHI PUO’ PRESCRIVERE UNA DIETA PERSONALIZZATA?
DIETOLOGO: CHI E’ E COSA FA
Il dietologo è un medico a tutti gli effetti: il suo percorso di studi comprende infatti la Laurea in Medicina e Chirurgia e la specialistica in Scienze dell’alimentazione. E’, tra le 3 tre figure professionali, l’unico che può fare diagnosi, prescrivere il piano dietetico ed eventualmente dei farmaci.
Professionalmente è il più completo: può infatti autonomamente evidenziare e certificare qualsiasi patologia e/o condizione che necessita di un piano alimentare personalizzato, e può espletare la sua attività sia in ambito ospedaliero che privato.
BIOLOGO NUTRIZIONISTA: CHI E’ E COSA FA
Il Biologo nutrizionista possiede una laurea in Biologia e, legalmente, qualunque sia il suo percorso formativo, se si iscrive all’Albo può svolgere l’attività di biologo nutrizionista; può, a sua discrezione, scegliere di specializzarsi in Scienze dell’Alimentazione.
Legalmente, il biologo nutrizionista può elaborare diete in autonomia solamente in condizioni fisiologiche; se invece il paziente è presumibilmente affetto da qualche patologia, il biologo ha l’obbligo di inviarlo al medico perché accerti le condizioni di salute e solo allora, potrà elaborare un piano dietetico adatto alle sue esigenze.
La figura professionale del biologo nutrizionista non può quindi effettuare diagnosi e/o prescrivere diete in soggetti con una qualunque condizione patologica senza la prescrizione medica.
DIETISTA: CHI E’ E COSA FA
l Dietista è una figura professionale sanitaria laureata in Dietistica, corso di laurea Triennale abilitante all’esercizio della professione previo superamento dell’esame di stato.
E’ definito legalmente come «l’operatore sanitario competente per tutte le attività finalizzate alla corretta applicazione dell’alimentazione e della nutrizione, compresi gli aspetti educativi e di collaborazione all’attuazione delle politiche alimentari» (Decreto Ministeriale 14/09/1994) .
Il dietista è in pratica un professionista specializzato, che si occupa di promuovere e curare l’alimentazione e la nutrizione in situazioni fisiologiche e patologiche: dall’elaborazione di piani dietetici terapeutici personalizzati (su prescrizione medica attestante la diagnosi) alla stesura di menù per gruppi di sani o malati (ristorazione collettiva per mense e comunità) fino alla progettazione e alla realizzazione di attività didattiche, educative e informative. E’ inoltre la figura professionale di riferimento nella cura multidisciplinare dei Disturbi del Comportamento Alimentare. Non essendo un medico, non può prescrivere farmaci o fare diagnosi.
Dal 1 luglio del 2018, è obbligatoria per il dietista l’iscrizione all’Albo per l’esercizio della professione.
QUALE FIGURA SCEGLIERE?
Sicuramente, tra le tre quella del DIETOLOGO è la più completa, in quanto trattasi di un medico e per questo autorizzato ad operare autonomamente sia per la diagnosi che per l’elaborazione del piano dietetico.
Tuttavia, la figura del Dietista è quella che, dal punto di vista del percorso di studi, risulta la più specializzata in ambito di alimentazione: è infatti tra le tre l’unica che ha alle spalle un percorso formativo che prevede l’acquisizione di una buona conoscenza delle discipline teoriche essenziali, i fondamenti delle discipline caratterizzanti la professione e i concetti fondamentali della chimica degli alimenti, microbiologia, igiene applicata, alimentazione e nutrizione umana, fisiopatologia della nutrizione, dietetica e dietoterapia, nonchè l’approfondimento della psicologia e dei disturbi del comportamento alimentare.
Basandoci sul mero percorso formativo, il Biologo Nutrizionista può risultare il meno “ferrato”, ma molto dipende dalle scelte personali di specializzarsi ed aggiornarsi in ambito alimentare. Conosco infatti personalmente biologi nutrizionisti molto più più preparati e aggiornati di numerosi dietologi e dietisti.
E’ proprio questo ultimo punto a fare la differenza : non tanto il poter elaborare o meno una dieta, ma quanto il SAPERLO FARE.
La passione, l’aggiornamento, la volontà di conoscere e sperimentare, è ciò che rende un semplice “laureto” un BRAVO PROFESSIONISTA, qualsiasi sia il suo percorso di studi.
Quindi, nella scelta della persona giusta alla quale affidarsi, il mio consiglio è: date sempre un occhio al titolo professionale ( ricordiamoci che l’abuso professionale è sempre dietro l’angolo), ma soprattutto informatevi sul suo modo di lavorare, sulle esperienze di altri pazienti, sulle capacità empatiche e comunicative del professionista. La differenza la fanno le conoscenze e le capacità di approcciarsi al cliente, nonchè l’elasicità e la capacità di adattare un piano dietetico al singolo soggetto.
Diffidate di chi non cerca di conoscervi e di scoprire le vostre abitudini: una dieta, prima di essere efficace, deve essere personalizzata, cucita su di voi.
Il “poter fare” è diverso dal “saper fare”: un titolo non da la professionalità.
Ottieni i Risultati che vuoi!
Iniziamo questo viaggio insieme, verso la tua consapevolezza alimentare.