“Mangio la pasta integrale perchè da Barbara D’Urso hanno detto che fa dimagrire!”
È opinione diffusa che i cereali integrali siano un toccasana per la salute, mentre quelli raffinati vengono demonizzati.
Appena percepiamo che qualcosa è “salutare”, ci immergiamo in quella convinzione, riempiamo le nostre dispense di alimenti integrali e leggeri, e ci sentiamo in pace con noi stessi. Nel corso degli anni, diversi studi hanno dimostrato che le persone che iniziano a mangiare “sano” tendono, col tempo, ad aumentare le porzioni. Questo accade parzialmente perché i cibi meno grassi e con minori picchi insulinici offrono meno sazietà, e parzialmente perché siamo meno restrittivi con noi stessi, considerando che siano salutari.
Dietista e Nutrizionista Valentina Rossi
Cibo sano= dimagrimento?
Mi dispiace comunicarvi una notizia spiacevole: tutto questo è una completa sciocchezza.
Ecco perché:
non c’è una grande differenza nel contenuto di amidi totali.
l’apporto calorico è quasi lo stesso
non c’è differenza per quanto riguarda l’indice glicemico (per quanto conti questo parametro).
Come mostra l’immagine, le differenze tra i cereali integrali e quelli raffinati in termini di fibre e macronutrienti sono minime. I cereali integrali sono solo leggermente meno calorici rispetto alla loro controparte raffinata, il che significa che sostituire i cereali raffinati con quelli integrali ha un impatto molto limitato sulla composizione corporea.
Esiste un piccolo vantaggio grazie al maggior contenuto di fibre: gli alimenti integrali risultano più sazianti rispetto a quelli raffinati, permettendo di sentirsi sazi consumandone una quantità leggermente inferiore.
Il punto è che potrebbe accadere che la convinzione di mangiare un “alimento buono”, un alimento sano, che fa bene, che è meno calorico, può anche portare la persona ad eccedere con le quantità, e questo è, chiaramente, controproducente.
Hai bisogno di un piano alimentare personalizzato?
“Tanto è integrale, posso mangiane di più!” Ed ecco che, a quel punto, la differenza tra raffinato ed integrale si azzera del tutto, insieme alle possibilità di perdere peso.
È una realtà difficile da accettare, lo so, ma è una trappola psicologica in cui è facile incappare.
Dietista e Nutrizionista Valentina Rossi
Cibo integrale, quando e come inserirlo nella dieta
Ma allora il cibo integrale è da eliminare?
Assolutamente no!
I cereali integrali sono sicuramente più ricchi di micronutrienti, soprattutto vitamine del gruppo B, e, come detto in precedenza, essendo leggermente più ricchi di fibre, potrebbero avere un leggero potenziale saziante maggiore.
I cibi integrali offrono più micronutrienti rispetto ai raffinati, ma l’impatto complessivo sulla dieta è minimo. Questo perché i micronutrienti nei cereali hanno una bassa biodisponibilità. Per una dieta equilibrata che soddisfi tutti i fabbisogni di minerali e vitamine, è essenziale integrare con altri alimenti. Frutta, verdura, uova, pesce, prodotti caseari e carne hanno un impatto maggiore sull’apporto vitaminico e minerale.
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Gli studi epidemiologici mostrano che il consumo di cereali integrali è correlato a un miglior stato nutrizionale e di salute, oltre a una riduzione del rischio di patologie croniche come malattie cardiovascolari, diabete e sindrome metabolica. Tuttavia, è importante ricordare che un’associazione non implica necessariamente una relazione causa-effetto. Non è dimostrato che riso integrale, basmati o pane integrale riducano direttamente il rischio di diabete o di eventi cardiovascolari. Piuttosto, le persone che includono carboidrati integrali nella loro dieta tendono a essere più sane rispetto a chi consuma carboidrati raffinati, considerando anche altri fattori alimentari e stili di vita non valutati negli studi.
Detto questo, se i cereali integrali non offrono vantaggi significativi rispetto ai raffinati, certamente non presentano svantaggi. Pertanto, è ragionevole consigliare il consumo preferenziale di alimenti integrali. Tuttavia, se questo consiglio dietetico influisce negativamente sulla compliance alla dieta per qualsiasi motivo, potrebbe essere più opportuno optare per i cereali raffinati, consapevoli che questi ultimi non sono dannosi e che gli integrali non apportano benefici così rilevanti.
Cibo integrale vs Cibo raffinato
Ci sono anche dei casi in cui è preferibile e raccomandabile assumere il raffinato piuttosto che l’integrale.
Tornando al maggior contenuto di fibre dei cerali integrali, questa fibra è rappresentata fondamentalmente dalla crusca, che in una certa quantità, su alcune persone in particolare, può creare un po’ di problemi intestinali (anche semplicemente gonfiore). Per cui per queste persone, e soprattutto per le persone che magari già hanno un contenuto altissimo di fibre da verdure, ortaggi e via dicendo, potrebbe essere utile non esagerare con l’integrale, in quanto se è vero che c’è un certo “fabbisogno” di fibre per stare in salute e per nutrire il microbiota, è anche vero che l’eccesso non ha mai dimostrato di far bene, anzi, sicuramente può creare malessere. Io, ad esempio, sono una di queste persone. Le quantità industriali di frutta e verdura bastano (e avanzano) per coprire il mio fabbisogno di fibra giornaliera, se mangiassi anche integrale, diventerei un palloncino!
Ancora, se i cereali integrali hanno un potere saziante un po’ maggiore, e questo in genere è un aspetto positivo perché le persone trovano molta più difficoltà a dimagrire mangiando “meno”, nei casi in cui i soggetti vogliono aumentare di peso o aumentare di massa muscolare e hanno un regolamento del comportamento alimentare con una sazietà ben responsiva, uno dei tanti trick può essere quello di sostituire, almeno in parte, i cereali integrali con quelli raffinati.
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Linee guida generali per la scelta delle fonti di carboidrati
Assumere principalmente fonti di carboidrati complessi.
Preferire la frutta e assumere tanta verdura, per il loro grande contributo in fibre alimentari, in potere saziante, in micronutrienti e sostanze fitochimiche varie che hanno in qualche modo dimostrato di essere associate a buona salute e prevenzione delle patologie.
Non consumare sempre e solo cereali (e solo un tipo di cereale) per raggiungere l’apporto glucidico giornaliero della dieta, ma avvalersi anche di altri alimenti che sono anche più ricchi dal punto di vista dei micronutrienti, come i legumi. Non dimentichiamo mai che ogni alimento ha un pro e un contro, per cui il metodo della varietà alimentare è quello più saggio da seguire e da raccomandare.
Preferire sì l’integrale al posto del raffinato, ma tenendo ben presente che le differenze sono spesso esigue, e che questa indicazione non deve essere esaltata eccessivamente come una norma importante per dimagrire o per rimanere in salute.
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L’articolo di oggi si tinge completamente di rosa: parleremo infatti di ciclo mestruale e benessere psicofisico, e di come come questi due fattori si influenzano reciprocamente, determinando a volte meccanismi disfunzionali che si riflettono sulla capacità riproduttiva della donna e che prendono il nome di AMENORREA.
FISIOLOGIA DEL CICLO MESTRUALE
Il ciclo mestruale è un complesso meccanismo di ormoni secreti dalle ovaie, a loro volta stimolate dall’ipofisi e dall’ipotalamo (strutture del cervello), che prepara l’utero ad accogliere una eventuale gravidanza. La prima mestruazione avviene di media attorno i 12 anni, è chiamata menarca e indica l’inizio dell’età fertile.
Ogni mese l’ovaio stimolato dall’ormone FSH (follicostimolante) secreto dall’ipofisi, porta a maturazione un ovocita (fase follicolare) – mediamente dal 6° al 14° giorno – e libera progressivamente nel sangue grandi quantità di estrogeni (fase estrogenica o proliferativa), che provocano la ricostruzione dell’endometrio sfaldato dalla mestruazione (i primi 5-6 giorni del ciclo mestruale).
Il picco di estrogeni nel sangue viene rilevato dall’ipotalamo che, tramite un neurotrasmettitore, inibisce l’ipofisi alla produzione di FSH (feed-back negativo) e la stimola (feed-back positivo) alla brusca secrezione dell’ormone LH (luteinizzante).
Il rapido incremento nel sangue di LH (fino al picco dell’LH) provoca l’ovulazione e la liberazione dell’ovocita (fase ovulatoria). Inoltre l’LH stimola il residuo del follicolo a trasformarsi in un corpo giallastro e a secernere piccole quantità di estrogeni e una quantità sempre maggiore di progesterone (fase luteinica).
Dietista e Nutrizionista Valentina Rossi
Il progesterone sostiene e stimola l’endometrio (mediamente dal 16° al 23° giorno) a raggiungere il suo massimo spessore e la sua completa maturazione per accogliere e nutrire l’eventuale cellula uovo fecondata (fase progestinica o secretoria).
E’ utile tenere presente che la mestruazione è il risultato finale di una serie di fenomeni che richiedono l’integrità anatomo-funzionale di varie componenti: l’area ipotalamo-ipofisaria, l’ovaio e l’utero. Alterazioni a livello di ciascuno di questi siti possono essere dunque causa di una interruzione del ciclo mestruale.
IN CHE MODO LA PSICHE PUO’ MODIFICARE GLI ORMONI?
I principali sistemi che regolano il benessere del nostro corpo – ma anche le risposte a eventi urgenti o stressanti – utilizzano un alfabeto comune. In termini semplici, il sistema nervoso (da cui dipende l’attività psichica), il sistema ormonale (da cui dipendono, tra l’altro, i bioritmi che regolano il ciclo mestruale, ma anche la risposta allo stress) e il sistema immunitario (l’esercito che ci difende) usano un codice comune, un linguaggio che viene riconosciuto e compreso da tutti e tre.
In questo modo la nostra psiche può modificare, per esempio, sia la produzione di ormoni, sia l’efficacia delle nostre difese immunitarie. Nello specifico, può bloccare il ciclo, oppure causare mestruazioni emorragiche o ravvicinate: tutte le donne sanno per esperienza quanto la regolarità o meno delle mestruazioni sia anche uno specchio della serenità del loro cuore.
AMENORREA: CHE COS’E’
L’Amenorrea è una condizione in cui si può dire che il corpo perde una caratteristica propria dell’essere donna, ovvero la capacità riproduttiva. Dal punto di vista diagnostico, l’amenorrea è caratterizzata dalla scomparsa del ciclo mestruale per almeno 6 mesi. Può essere classificata come primaria o secondaria a seconda della presenza/assenza del menarca. Circa la metà delle amenorree è di origine ipotalamico, cioè di origine non organica, quindi funzionale e reversibile.
L’amenorrea ipotalamica (AI) è una sindrome riconducibile a una scarsa produzione delle gonadotropine a livello ipotalamico, e rappresenta una risposta adattiva dell’organismo femminile allo stress.
Capire l’amenorrea significa prendere in considerazione non solo i fattori endocrini e ginecologici, ma anche psicologici, perché molto spesso è l’adozione di modalità disadattive in risposta a uno stress a portare a una condizione di amenorrea, al punto che l’amenorrea può essere definita come un fallimento del corpo femminile nella risposta allo stress (Nappi et al, 1995). Si verifica in questi casi uno squilibrio endocrino associato a uno sbilanciamento energetico, per cui è come se il corpo cominciasse a risparmiare su quelle funzioni non indispensabili alla sopravvivenza, tra cui appunto quella riproduttiva.
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QUALI SONO LE CARATTERISTICHE ASSOCIATE ALL’AMENORREA IPOTALAMICA?
oltre a studiarne l’eziologia da un punto di vista fisico, si identificano, nei casi di amenorrea ipotalamica, delle caratteristiche tipiche: difficoltà a gestire le emozioni, rigidità nel funzionamento cognitivo e controllo alimentare/corporeo. Fin qui sembrerebbe tutto molto simile al disturbo alimentare, quindi cosa c’è di diverso nell’amenorrea ipotalamica?
Qualcosa di diverso c’è. La prima cosa è che spesso sono pazienti ginecologiche e difficilmente si riconoscono in un disturbo alimentare. La seconda cosa è che effettivamente non tutte le pazienti con DCA hanno l’amenorrea. Le pazienti con amenorrea non sono consapevoli della loro scarsa flessibilità cognitiva e della difficoltà di gestione delle emozioni. Inoltre il loro controllo sul cibo e sul corpo viene visto come una “sana abitudine” e non come la manifestazione di una certa rigidità. Lo studio delle caratteristiche delle pazienti amenorroiche negli ultimi vent’anni ha permesso di ampliare le possibilità di cura e di trovare strade alternative non necessariamente farmacologiche. Così si è scoperto che alcune caratteristiche di personalità rendono più vulnerabili all’ amenorrea ipotalamica: perfezionismo, bisogno di controllo, senso di inadeguatezza e bisogno di riconoscimento. (Marcus et al, 2001). Donne con una struttura di questo tipo sono chiaramente maggiormente vulnerabili agli eventi stressanti e tendono a reagire in modo disfunzionale.
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Il controllo sembra essere una caratteristica peculiare ed è indice di una scarsa flessibilità che si esprime sia in termini comportamentali che emotivi. Anche gli studi neurobiologici confermano questo dato. Sono stati misurati i livelli del fattore neurotrofico cerebrale (BDNF), un mediatore di plasticità neurale che influenza l’apprendimento, la memoria e il funzionamento cognitivo (Genazzani et al, 2007), nelle donne in età fertile con amenorrea confrontate con donne in post menopausa, e si è notato come questo fattore sia correlato alla presenza di ormoni gonadici. Le donne in amenorrea presentano un deficit di questo fattore che si traduce a livello cognitivo in una scarsa flessibilità. Il fatto inoltre che l’amenorrea permanga anche dopo aver ripristinato un peso adeguato, conferma l’ipotesi che ci siano altri fattori che rinforzino e mantengano l’amenorrea aldilà di un disturbo alimentare. (Brambilla et al, 2003).
Inoltre, le donne con amenorreaipotalamica hanno una scarsa spinta esplorativa e tendono all’evitamento. Possono avere comportamenti ossessivi e si accompagnano a disturbi dell’umore e sessuali. Il corpo delle amenorroiche è un corpo silente in cui si ha una staticità dell’organismo che va contro la normale ciclicità del corpo femminile in età fertile. Tanto la mente è rigida, tanto il corpo è bloccato.
PERCHE’ SUCCEDE?
Il nostro corpo è il miglior amico che abbiamo. E’ in contatto diretto e costante con la nostra psiche. Anzi, è il terreno attraverso cui si esprimono continuamente le nostre emozioni, positive e negative.
Il nostro corpo parla attraverso mille segni: basti pensare al rossore o al pallore, che svelano attraverso la pelle emozioni spesso segrete. Rivela piccoli moti del cuore, attraverso segnali minimi. Oppure può diventare il bersaglio di problemi più profondi, che non riusciamo ad affrontare bene a livello psicologico.
Il blocco mestruale da rottura di un fidanzamento, o da altra ferita affettiva, come la separazione dei genitori o la perdita di una nonna molta amata, rivela che il trauma emotivo dell’abbandono o del lutto ha superato, in un certo senso, la capacità tampone della psiche e si è espresso nel corpo, con il blocco temporaneo del ciclo. Il blocco da dieta dice con chiarezza che la riduzione del cibo è stata eccessiva, per entità della deprivazione di principi nutritivi, per rapidità e drasticità, per livello del sottopeso.
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Nella maggior parte dei casi, il blocco ipotalamico si risolverà non appena la giovane donna avrà attraversato e risolto il dolore, la depressione e lo stress che l’abbandono o il lutto le hanno causato. O ripreso un’alimentazione più equilibrata, con il giusto apporto di sostanze nutritive (tra cui il ferro, le vitamine del gruppo B e la C) e un peso adeguato alla sua altezza.
COSA SI PUO’ FARE?
L’amenorrea ipotalamica nasce quasi sempre da stress psicofisico, in particolare riferito a diete restrittive (talvolta alternate con periodi di abbuffate e binge) e/o sport eccessivo. Queste due variabili portano inevitabilmente ad avere carenze di micro e macronutrienti, che mettono in allerta un sistema endocrino già piegato dallo stress. Le carenze più frequenti da trovare sono quelle di vitamina D, vitamina B12, zinco, ferro (nello specifico ferritina bassa).
Per quanto riguarda l’alimentazione in sé e per sé, non è particolarmente difficile da strutturare: la dieta deve essere studiata per permettere alla paziente di raggiungere il fabbisogno calorico e di macronutrienti, né più né meno. Facile a dirsi, ma non a farsi. Vediamo nello specifico di quali fabbisogni stiamo parlando.
FABBISOGNO CALORICO
E’ fondamentale che la dieta sia normocalorica: la paziente in amenorrea ipotalamica non deve dimagrire, neppure qualora ci fossero effettivamente alcuni chili da perdere (diverso è il discorso dell’amenorrea derivata da PCOS). Ogni fluttuazione al ribasso del grasso corporeo è un allarme per il sistema endocrino, che rallenta la produzione ormonale e ferma gli ormoni sessuali: il dimagrimento deve essere secondario alla ripresa del buon funzionamento di ipotalamo e ovaie, ovvero si prenderà in considerazione solo quando il ciclo tornerà ad essere presente. Sottolineo che la perdita di peso dovrà essere intrapresa solo qualora sia necessaria: se la paziente è normopeso sarebbe sciocco farle perdere peso per assecondare un suo desiderio estetico, poiché questo la porrebbe di nuovo a rischio di amenorrea; qualora ci siano insoddisfazioni legate all’immagine corporea, si deve intervenire in altro modo e con altri protocolli dietoterapici, non con il dimagrimento.
Molto spesso la paziente con amenorrea ipotalamica associata a DCA o cattivo rapporto con il cibo ha un’alimentazione fin troppo restrittiva, rigidamente controllata nella varietà di cibo e/o nel conteggio calorico. Se la paziente è sottopeso, la dieta deve pian piano diventare normo-ipercalorica per garantire il raggiungimento del peso corporeo ideale e il conseguente buon funzionamento ormonale. Se la paziente è normopeso ma stesse seguendo una dieta ipocalorica (1300-1400 kcal) è bene aumentare gradualmente il contributo di calorie, fino a portarla ad una dieta normocalorica che assecondi un metabolismo più attivo.
PROTEINE
Le proteine sono di importanza fondamentale per l’amenorrea ipotalamica: il contributo proteico deve essere leggermente superiore al classico 1 g/kg che viene consigliato per un fabbisogno “normale”. Le proteine diventano un importante stimolo sia per la produzione di ormoni ipotalamici e ipofisari, sia per il corretto funzionamento ovarico. Non sempre è facile riuscire a far accettare alla paziente indicazioni alimentari che prevedano un consumo di prodotti animali quasi sicuramente superiore a quella che è stata l’abitudine sino a quel momento: in parte per via delle informazioni sbagliate e parziali che circolano in merito al consumo di proteine, in parte perché frequentemente carne, pesce e uova rimangono alimenti-tabù, di cui si ha paura. Ecco che quindi è necessaria l’assistenza di un professionista capace di trasmettere il messaggio corretto circa il consumo di questi alimenti, di insegnarne l’importanza terapeutica e di dare suggerimenti riguardo gli acquisti e i metodi di cottura.
GRASSI
I grassi sono forse anche più importanti delle proteine per superare un’amenorrea ipotalamica. Oltre a nutrire i neuroni e favorire gli scambi cellulari, dai grassi vengono prodotti ormoni e cofattori indispensabili all’equilibrio endocrino. Il nostro sistema ormonale risente della carenza di grassi già nel giro di poche settimane: non è infrequente che una donna abbia ritardi nel ciclo già dopo un mese di dieta ipolipidica. Più a lungo si protrae la carenza, più sarà difficile che il ritorno ad un’alimentazione equilibrata e normolipidica garantisca una risoluzione definitiva. I grassi da prediligere sono quelli monoinsaturi (olio extravergine d’oliva). I grassi polinsaturi dovrebbero essere presenti in piccole quantità quotidiane, con predilezione di quelli della serie omega3: pesce mediterraneo, alghe, olio di semi di lino. In misura minoritaria si dovrebbe introdurre anche frutta secca non trattata, ricca di omega6: noci, nocciole, mandorle, semini di zucca o girasole o sesamo. Va ricordato che omega3 e omega6 sono in competizione: l’eccesso dell’una o dell’altra serie determina effetti avversi sull’organismo. I grassi saturi non dovrebbero mai mancare nell’alimentazione di chi soffre di amenorrea ipotalamica, poiché è da essi che si ha il maggiore stimolo alla produzione ormonale: ovviamente si devono scegliere fonti naturali di grassi saturi, a causa delle differenti forme chimiche presenti. I grassi saturi utili all’equilibrio endocrino sono quelli a media catena, presenti nel tuorlo di uova allevate all’aperto, carne di animali allevati al pascolo, burro di montagna o ghee, olio di cocco estratto a freddo. Invece, grassi saturi a lunga catena come il palmitico e il miristico, potenzialmente dannosi, sono contenuti in olio di palma, olio di colza, formaggi industriali, animali allevati intensivamente.
CARBOIDRATI
Diete troppo povere di carboidrati, quando vengono protratte a lungo nel tempo, determinano una condizione di ipotiroidismo che, quando trascurata, può diventare cronica. Una tiroide che lavora poco determina a cascata l’ipofunzionamento di altre ghiandole endocrine, tra cui ipotalamo e gonadi. Se l’ipofunzione tiroidea è stata causata dalla restrizione di carboidrati è sufficiente aumentare la loro quota per ristabilire un metabolismo attivo.
Non è assolutamente necessario, e anzi in certi casi risulta essere controproducente, mangiare cereali solo ed esclusivamente se integrali: l’amenorrea si accompagna quasi sempre anche a carenze minerali e vitaminiche, che potrebbero essere significativamente peggiorate da un eccessivo apporto di fibra vegetale. E’ invece possibile ruotare i diversi tipi di cereali durante la settimana: ad esempio alternare farro integrale e perlato, orzo decorticato e perlato, riso basmati, semintegrale, rosso o nero.
… FERMATEVI!
Leggendo quanto ho scritto finora, sembrerebbe essere molto semplice realizzare una dieta per una ragazza che soffra di amenorrea ipotalamica: si danno sufficienti calorie, si fa una corretta ripartizione dei macronutrienti, si controlla che non ci siano carenze minerali o di vitamine (sopperendo con eventuale integrazione adeguata). E il gioco è fatto.
TUTTO QUI? NON PROPRIO.
Se soffrite di amenorrea ipotalamica, cicli anovulatori non dipendenti da PCOS (Sindrome dell’Ovaio Policistico) o iperandrogenismo, se il vostro ciclo è irregolare e ammettete che ci sia una forte componente stressogena, fermatevi. Fermatevi e fatevi aiutare, lavorate sul modo in cui affrontate i pensieri disfunzionali, evitate fattori di stress aggiuntivi ad una già stressante quotidianità lavorativa, cercate un aiuto per allontanare i pensieri ossessivi; cercate un sostegno psicologico in primis, e chiedete aiuto anche per far sì che la vostra alimentazione sia adeguata al problema ormonale.
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