REGOLAZIONE DEL PESO CORPOREO

REGOLAZIONE DEL PESO CORPOREO

Perchè ingrassiamo? Perchè dimagriamo? Da cosa dipendono le variazioni del nostro peso corporeo? E’ solo una questione di calorie in entrata e calorie in uscita, o i fattori da prendere in considerazione sono anche altri?

In questo articolo, parleremo di bilancio energetico e di regolazione del peso corporeo.

Dieta a Isernia
Dietista e Nutrizionista Valentina Rossi

IL BILANCIO ENERGETICO

Su cosa si basa la regolazione del peso corporeo?

Immaginate una bilancia, di quelle con due piatti, uno a destra e uno a sinistra: sui due piatti poggiamo due macro-fattori, un input che è l’assunzione di energia, e un output che è l’energia in uscita, cioè il dispendio energetico. Questi due macro-fattori, interagendo tra loro portano alla modificazione del peso corporeo.

In che modo il modello del bilancio energetico predice le variazioni del peso e delle masse corporee?

Semplicemente, quando l’energia in entrata (l’assunzione di energia) è maggiore dell’energia in uscita (dispendio energetico), abbiamo inevitabilmente un aumento del peso corporeo, mentre quando l’energia in uscita è maggiore dell’energia in entrata, abbiamo un deficit energetico e quindi inevitabilmente una riduzione del peso e delle masse corporee.

Questo è il modello semplice del bilancio energetico, che prende in considerazione, come abbiamo visto, solamente due fattori.

Il modello semplice del bilancio energetico può essere a sua volta complicato, scomponendo i due macro-fattori e arricchendoli ulteriormente.

L’energia in entrata rappresenta l’assunzione di energia ed è costituita dall’assunzione di nutrienti attraverso la dieta. Noi, mangiando, stiamo ingerendo dei nutrienti contenuti negli alimenti che siamo in grado di digerire, assorbire e metabolizzare per ottenere in qualche modo energia. Parliamo in questo caso di proteine, carboidrati e lipidi.

Per quanto riguarda l’energia in uscita, il dispendio energetico è rappresentato da varie componenti:

  • Il metabolismo basale a riposo (BMR) che non è altro che il dispendio energetico necessario alle nostre cellule e quindi al nostro organismo per poter esplicare le funzioni vitali (battito cardiaco, respiro ecc.).
  • La termogenesi indotta dalla dieta, che non è altro che l’energia che noi spendiamo per poter digerire, assorbire e metabolizzare i nutrienti.
  • Il dispendio energetico da attività fisica quotidiana (NEAT), ossia le attività lavorative o più semplicemente le varie azioni che compiamo quotidianamente come l’alzarsi dal letto, il camminare, scendere le scale, fare i servizi di casa, lavarsi e via dicendo.
  • E il dispendio energetico da attività sportiva, con il quale intendiamo quella spesa energetica necessaria a soggetti particolarmente attivi, sportivi, per l’allenamento e per sostenere gare e competizioni sportive.

Ognuna di queste componenti andrà ad influenzare in vario modo il nostro dispendio energetico, e in particolare:

  • Il metabolismo basale rappresenta circa il 60% del TDEE.
  • Il dispendio energetico da attività fisica incide per circa il 30% del TDEE.
  • La termogenesi indotta dalla dieta comporta un 10% del TDEE

Ognuna di queste variabili viene calcolata, o meglio, stimata attraverso delle formule e, tenendo conto di tutti questi fattori, si  stima il fabbisogno energetico totale di un soggetto. Che ce ne facciamo di questo numero? Quel numero rappresenta il numero di calorie che, in teoria, il soggetto “brucia” quotidianamente.

Quindi sempre in teoria, se il nostro soggetto che chiameremo Beniamino volesse dimagrire, basterebbe sottrarre a quel numeretto un certo numero di calorie e, come per magia, il soggetto inizia a dimagrire. E visse felice e contento.

MAGARI FOSSE COSI’ SEMPLICE.

Se vuoi una mano a raggiungere il tuo peso corporeo

IL PESO CORPOREO E’ REGOLATO

La verità è che la stima del fabbisogno energetico non è affatto così semplice. Anche la famosa bioimpedenziometria, tanto bramata e tanto diffusa negli studi dei più famosi nutrizionisti, ci da una stima e nemmeno troppo accurata del fabbisogno. Sta al professionista tenerne conto, e cercare la giusta maniera per prendere sì in considerazione quel numero, ma adattarlo alla singola persona nella maniera migliore possibile.

Fatta questa breve panoramica su quello che è il bilancio energetico, torniamo al nostro amico Beniamino che ha deciso di perdere peso. Teniamo conto di tutti i parametri di cui abbiamo parlato, gli stiliamo una bella dieta e lui, da bravo, si mette e la segue.

Passa 1 anno, diciamo che ha perso 10 kg.. e ad un certo punto, si blocca. Nonostante la dieta, nonostante i pochi sgarri, Beniamino non perde più un etto. Che cosa è successo?

Semplicemente Beniamino non perde più peso perché, come ogni singola cosa del nostro corpo, anche il peso corporeo è regolato. Ovvero, il nostro organismo ha dei meccanismi per cercare di mantenere più o meno costante un certo peso corporeo.

Cerchiamo di capire meglio su cosa si basa la regolazione del peso corporeo.

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SET POINT DEL PESO

regolazione del peso corporeo

Più di 50 anni fa un gruppo di ricercatori elaborarono un modello, il cosiddetto modello lipostatico del grasso corporeo o modello del set point che cercava di descrivere in che modo l’organismo mantenesse costante nel tempo un certo peso corporeo.

In questo modello i ricercatori ipotizzavano che il grasso corporeo invia continuamente un certo segnale (che poi successivamente fu identificato con l’ormone leptina) che raggiungeva l’ipotalamo.

L’ipotalamo è una struttura particolarmente importante e complessa del Sistema Nervoso Centrale (SNC) che ha il ruolo di regolare un po’ tutti i meccanismi omeostatici. Per cui la regolazione della temperatura corporea, della volemia, del bilancio idroelettrolitico e anche del peso corporeo, passa sempre da questa importante struttura del SNC.

Questo segnale, giunto all’ipotalamo, viene paragonato ad un valore predefinito, ovvero a un “set point”.

Dovete immaginare un termostato impostato ad una certa temperatura. Se il segnale inviato dal tessuto adiposo coincide più o meno con il set point registrato a livello ipotalamico allora il peso corporeo rientra nei parametri e valori predefiniti, e non c’è bisogno di particolari adattamenti e inter-venti metabolici ed endocrini per ristabilire l’equilibrio (perché questo equilibrio è già presente).

Ma se, invece, il grasso corporeo invia un segnale che poi risulta essere maggiore al set point ipotalamico (quindi non coincide), all-ra l’ipotalamo, accorgendosi che abbiamo un grasso corporeo troppo elevato,metterà in moto una serie di adattamenti sia metabolici sia comportamentali che hanno il fine di ristabilire il peso corporeo secondo il set point. Quindi, in questo specifico caso, gli adattamenti dovrebbero essere finalizzati a ridurre l’assunzione calorica (riduzione della fame e aumento sazietà) e ad aumentare il dispendio energetico (aumento dell’attività fisica e del movimento in generale), stabilendo così un deficit energetico e riportando il peso corporeo ad un punto di equi-librio attraverso una certa perdita di peso.

Nell’ultimo contesto, che poi in realtà è quello che tipicamente si presenta e osserviamo quando una persona si mette a dieta, descrive una situazione in cui il grasso corporeo è basso, invia quindi un segnale che una volta comparato con il set point a livello ipotalamico non coincide, perché è più basso.

Allora l’ipotalamo, comprendendo che è necessario ristabilire il peso corporeo (bloccare e arrestare la perdita di peso e anzi tentare di riacquistare un certo livello di grasso corporeo), si adatterà aumentando l’assunzione calorica (attraverso l’aumento della fame) e riducendo il dispendio energetico. Questo attraverso la riduzione dei livelli di attività fi-sica in funzione di una progressiva sensazione di astenia, spossatezza, fatica, “depressione” e via dicendo.

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Dietista e Nutrizionista Valentina Rossi

Il Set Point non è altro che un range di grasso corporeo in cui tutti i processi fisiologici del corpo sono in perfetta efficienza e salute. Questo valore è determinato geneticamente, ma anche fortemente influenzato dalla storia metabolica di una persona.

Questo range dipende già dalle abitudini alimentari della madre durante la gravidanza: un’alimentazione in eccesso o in difetto durante la gestazione aumenta la predisposizione del nascituro al sovrappeso.

Anche il periodo immediatamente post nascita è fondamentale: è proprio in questa fase, in particolare fino agli 8-10 anni, che avviene la cosiddetta Iperplasia adipocitaria, ossia l’aumento IRREVERSIBILE del numero delle cellule adipocitarie, che potranno in futuro solamente “svuotarsi”, ma non ridursi di numero.

Un maggiore numero di adipociti è correlato a set point più alti, e questo è uno dei motivi principali per cui chi ha un passato di sovrappeso o obesità da bambino è molto più propenso a mantenersi più grasso anche da adulto, e nonostante dieta e allenamento, tenderà ad avere molte più difficoltà a perdere grasso e soprattutto poi a mantenerlo più basso.

Come possiamo capire qual è il set point di un soggetto? Purtroppo non possiamo. In genere, è il peso corporeo che manteniamo più facilmente durante la nostra vita.

Dal punto di vista empirico, guardando la realtà dei fatti, noi notiamo molto poco spesso la situazione in cui un obeso che in virtù della sua elevata massa grassa viene sottoposto ad una serie di adattamenti che lo portano “automaticamente” a dimagrire.

Le motivazioni per cui succede questo sono solo ipotizzate, e sono diverse.

 “È vero che il principale segnale inviato dal tessuto adiposo all’ipotalamo (secondo il modello del set point) è la leptina, ma è la riduzione dei livelli di leptina il segnale che arriva all’ipotalamo, e non l’elevazione che si osserva quando aumentiamo di massa grassa”.

In poche parole, il sistema della leptina si è evoluto per difendere l’organismo dai periodi di carestia e di in-disponibilità di cibo e non per far fronte al fenomeno dell’obesità.

Tutto ciò ha senso anche per la biologia dell’evoluzione, perché sappiamo bene che l’uomo, nella sua storia, ha dovuto far fronte più volte a periodi di carestia e carenza di cibo e mai ha dovuto preoccuparsi di un eccesso di cibo e di un ambiente che promuove l’abbondanza. Quindi, in parole semplici, il nostro organismo è settato per proteggerci da un’eventuale carestia e poco tollera la perdita di peso, proprio perché rappresenta una situazione di allarme, di pericolo. Ci rendiamo conto che, nelle condizioni ambientali in cui ci troviamo a vivere oggi, questo modo di agire del nostro corpo non ci aiuta affatto, ed è la spiegazione scientifica per cui è molto facile ingrassare e tanto difficile dimagrire e soprattutto mantenere il peso.

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REGOLAZIONE DEL PESO CORPOREO: SETTLING POINT

Is it Possible to Change your Weight “Set Point” and Live a ...

Non tutti gli scienziati sono d’accordo con l’idea di un set point rigido, e preferiscono pensare in termini di Settling Pointun modello in cui il range del Set Point viene sommato a tutte le componenti dello stile vita  (allenamento, alimentazione, stile di vita quotidiano etc) facendo si che il corpo si assesti su di una determinata composizione corporea e quantità di grasso trovando un suo equilibrio.

E’ proprio su questo che si può “giocare”: se il Set Point non si abbassa mai, ovvero sotto una determinata quantità di grasso corporeo iniziano tutti gli adattamenti negativi di cui sopra, è possibile trovare un proprio equilibrio tra abitudini alimentari, attività fisica e stile di vita ( il Settling Point) per cui è possibile entro un certo limite mitigare questi adattamenti. Solitamente ciò avviene avendo un buon introito calorico ma anche un ottimo consumo energetico ed un ottimo metabolismo, ottenuti tramite costante allenamento e buone abitudini alimentari che diventano parte integrante della vita del soggetto e non più vissute come fasi a termine o restrizioni e sacrifici.

REGOLAZIONE DEL PESO CORPOREO: CONCLUSIONI

Come abbiamo visto, la regolazione del peso corporeo è qualcosa di estremamente complesso, e ne sappiamo ancora poco a riguardo!

Soggetti con un set point più alto, ovvero persone che naturalmente tendono ad avere percentuali di grasso più alte, devono comprendere ed accettare la loro condizione in modo da poter applicare le migliori strategie. Questo significa prendersi del tempo per effettuare piccoli e costanti cambiamenti al proprio stile di vita.

La cosa migliore da fare , è rendere l’allenamento e la giusta alimentazione uno stile di vita perenne da mantenere per tutta la vita, tenendo bene a mente che sono le nostre abitudini alimentari e sportive che nel LUNGO PERIODO inclinano gli equilibri del corpo.

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Dietista e Nutrizionista Valentina Rossi

In questo articolo, analizzeremo quelli che sono i mattoni principali della nostra alimentazione: carboidrati, proteine e grassi.

MACRONUTRIENTI: I CARBOIDRATI

I carboidrati, chiamati anche glucidi, sono il macronutriente più presente nell’alimentazione italiana e mondiale. Hanno una funzione principalmente energetica e sono un vero e proprio carburante per il nostro corpo.

Pensate che nel nostro organismo abbiamo una riserva di 350-500 g di glucidi sottoforma di glicogeno, divisi tra muscoli e fegato.

Perché il nostro corpo conserva i carboidrati?

Perché per alcuni tessuti e organi sono ESSENZIALI: il Sistema Nervoso Centarle (SNC), i globuli rossi, la midollare del surrene sono definiti tessuti glucosio dipendenti, proprio perché dipendono dal glucosio per funzionare al meglio.

Proprio per questi motivi, si stima che il fabbisogno minimo di glucosio dovrebbe essere di almeno 180 g al giorno, e può aumentare a seconda dell’attività fisica e lavorativa che la persona svolge.

Suddivisione dei carboidrati.

Scolasticamente, i carboidrati vengono suddivisi in semplici e complessi.

Gli zuccheri semplici più comuni si trovano nel saccarosio, miele, caramelle, gelati, yogurt, ma anche frutta (datteri, uva in grandi quantità) e perfino nel latte (col lattosio).

I carboidrati complessi sono tutti i derivati dei cereali (pane, pasta, pizza) ed i tuberi come le patate. I biscotti ed i prodotti da forno contengono un mix di carboidrati complessi (amido) con l’aggiunta di zuccheri semplici.

Tra i due, i carboidrati semplici sono correlati ad obesità ed iperglicemia, perchè è molto più facile eccedere e non accorgersi del quantitativo ingerito.  Una lattina di Coca Cola da 33cl, contiene 35g di zucchero. La persona non si accorge delle calorie e zuccheri ingeriti. Al pari i biscotti, dolci, merendine ecc.

Per questo nelle linee guida si consiglia di limitare i carboidrati semplici ma non la frutta e verdura. L’OMS consiglia al massimo il 5-10% delle calorie da zuccheri semplici (siamo intorno ai 25-50g al giorno).

In una dieta sana, i carboidrati complessi dovrebbero rappresentare il 50-55 % delle kcal totali. Se ad esempio seguo una dieta da 2000Kcal, dovrei introdurne almeno 1000 da carboidrati.

Ma questa regola vale per tutti? In realtà no.

Ognuno ha un fabbisogno specifico di carboidrati, e in alcune situazioni si preferisce limitarne il consumo. Una di queste è l’insulino-resistenza.

Carboidrati ed Insulino-Resistenza

La resistenza  insulinica è una condizione in cui c’è bisogno di un aumento dei livelli di insulina per esplicare le sue funzioni. Lo sviluppo do insulino-resistenza dipende strettamente dallo stile di vita, e in modo particolare esiste una forte correlazione tra questa e obesità e sedentarietà.

L’insulino-resistenza, nel cronico, può portare a quella che è una condizione abbastanza complessa, che è la sindrome metabolica. I soggetti con sindrome metabolica sono ad elevato rischio cardiovascolare.

Tra gli interventi volti a migliorare la sensibilità insulinica, la dieta e l’attività fisica svolgono un ruolo chiave. In modo particolare, in questi soggetti sarebbe opportuna abbassare la quota di carboidrati per un breve periodo di tempo in quanto i soggetti insulino-resistenti sono meno in grado di tollerare i glucidi e di mantenere i livelli fisiologici di glicemia postprandiale. Questo non significa dover seguire necessariamente diete low carb o chetogeniche, ma semplicemente tener presente che un minor carico glicemico dell’intera dieta può aiutare a rendere meno evidente la condizione di insulino-resistenza.

Ognuno di noi, in base alla propria storia, al proprio stato di salute e in base al proprio stile di vita ha un determinato fabbisogno di carboidrati, dipendente anche dal vostro obiettivo: mantenere il peso, mettere su peso, dimagrire. Questi fabbisogni è meglio farli stimare da un professionista, semplicemente perché è facile esagerare nell’uno o nell’altro senso.

MACRONUTRIENTI: LE PROTEINE

Tra i macronutrienti, le proteine sono quello con la maggior funzione plastica; costituiscono i nostri muscoli (20%), ma anche gli enzimi, alcuni ormoni e tante altre strutture del nostro corpo.

Le proteine sono costituite da aminoacidi differenti, più questi si avvicinano alla composizione dell’essere umano, più la fonte alimentare viene considerata con un valore biologico alto. I cibi proteici hanno due origini, abbiamo le proteine animali, con un alto valore biologico e le proteine vegetali a cui generalmente manca, almeno in parte, un aminoacido, rendendo così il loro valore biologico medio basso.

Quali sono le fonti di proteine?

Le fonti animali di proteine sono: la carne, il pesce, le uova e, in parte, i formaggi. Quelle vegetali sono invece i legumi, la soia e alcuni cereali come l’avena. Cereali (pane, pasta, riso, farro, ecc.) e legumi (ceci, piselli, soia, fagioli, ecc.), essendo di origine vegetale , contengono proteine a ridotto valore biologico e cioè di qualità non adeguata: da una parte sono poco digeribili, dall’altra non contengono, o contengono in quantità insufficiente, alcuni aminoacidi essenziali.

Per garantire la completezza proteica, anche consumando alimenti di origine vegetale, è fondamentale associare cereali e legumi consumando piatti della tradizione mediterranea: pasta e fagioli, zuppe di legumi con farro/orzo, riso e piselli, ecc.

Di quante proteine abbiamo bisogno?

Il fabbisogno giornaliero di proteine di un soggetto dipende da diversi fattori, come l’età, il sesso, il peso corporeo, lo stato fisiologico-nutrizionale e l’attività fisica svolta. Occorre ricordare che il corpo non fa scorta di proteine, come invece accadeva per i carboidrati, per questo è importante soddisfare il fabbisogno proteico quotidianamente garantendo il corretto quantitativo di aminoacidi essenziali.

Per la popolazione generale, se siamo soggetti sedentari, il nostro fabbisogno sarà di circa 1g/kg pc.

  • In gravidanza e allattamento, il fabbisogno aumenta e sarà di 1-1.2 g/kg pc.
  • Per gli anziani, il fabbisogno sarà di 1-1.2g/kg di pc.
  • Se segui una dieta vegana, il tuo fabbisogno proteico è aumentato di circa il 20-30%.
  • Per gli sportivi, il fabbisogno può andare da 1.4 fino 2 g/kg di pc.

Nella dieta, si tende ad aumentare il fabbisogno proteico, per 2 motivi principali:

  1. una dieta iperproteica aumenta il senso di sazietà ed aiuta quindi a sopprimere la fame
  2. le proteine preservano la massa magra: questo è importantissmo, perché quando siamo a dieta il corpo non fa differenza tra grasso e muscolo, se quindi non preserviamo la nostra massa muscolare, rischiamo di perdere peso andando ad intaccare la massa magra.

MACRONUTRIENTI: I LIPIDI

I grassi definiti anche lipidi, sono un macronutriente con una funzione prevalentemente energetica ed in parte plastica (membrane cellulari). Tra i macronutrienti, sono i più “calorici”: apportano, per 1 grammo, mediamente 9kcal, al fronte delle 4 Kcal di proteine e carboidrati.

Il corpo utilizza questo macronutriente principalmente come riserva energetica, stoccandolo negli adipociti; tuttavia la sua rilevanza è fondamentale per la costruzione delle membrane cellulari e per una corretta sintesi e produzione di ormoni.

Suddivisione dei lipidi.

I lipidi si suddividono in: grassi saturi, grassi monoinsaturi e grassi polinsaturi.

Le principali fonti di grassi saturi sono gli alimenti animali, ed è anche questo il motivo per cui si raccomanda di non consumare alimenti animali in grandi quantità. La carne rossa, ad esempio, ne contiene elevate quantità.

I grassi monoinsaturi, quelli contenuti nel nostro olio di oliva, generalmente hanno un effetto migliore sul nostro organismo. Questi grassi permettono un buono stato nutrizionale e riducono il rischio cardiovascolare.

I grassi polinsaturi si suddividono in omega 3 e omega 6. Mentre gli omega 3 hanno generalmente un’azione antifiammatoria, la famiglia degli omega 6 tende, se in eccesso, a portare a reazioni infiammatorie nell’organismo. Le fonti principali di omega 3 sono frutta secca, semi e pesce azzurro. Buone fonti di omega 6 sono i semi oleosi, il germe o embrione di cereali, legumi e pseudo cereali, e i relativi oli estratti.

Tra i grassi troviamo anche il colesterolo. Questo è un costituente delle membrane cellulari e un precursore di ormoni steroidei, vitamina d e acidi biliari.

Quanti grassi possiamo mangiare al giorno?

L’apporto raccomandato è do 20-35% dell’energia totale. Si consiglia di assumere meno del 7-10% di grassi saturi per le conseguenze che questi hanno sulla salute. L’apporto dei polinsaturi consigliato è di 5-10%, con un rapporto tra 3-6 di 1:1. Infatti, un rapporto troppo sbilanciato verso gli 6, aumenta il rischio cardiovascolare.

In genere si raccomanda di non scendere mai sotto i 25-35 g di grassi, soprattutto se siete donne. Ricordiamo infatti che il nostro ciclo mestruale è influenzato dalla presenza o meno di determinati ormoni, e necessitiamo di un certa quantità di grasso corporeo per garantire la nostra fertilità.

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