In un programma dietetico volto alla perdita di peso, creare un deficit calorico è una condizione necessaria e indispensabile per il raggiungimento degli obiettivi prefissati.

Nella stesura dei piani alimentari per i miei pazienti, sono solita prevedere un pasto libero, a mio parere necessario soprattutto per la sostenibilità del programma dietetico nel lungo termine. Il pasto libero ha dei benefici soprattutto a livello mentale: concedersi un piatto di pasta alla carbonara o una pizza il sabato sera, non solo non inficerà sui risultati ottenuti, ma è stato dimostrato mantenere alta la motivazione e aiuterebbe inoltre a non abbandonare il percorso a metà strada.

Nonostante ciò, per alcuni questa concessione si trasforma in un vero e proprio “sgarro”, in cui si tende ad esagerare e a trasformare un momento di svago in un dramma vero e proprio. Ed ecco che i risultati tendono a tardare, la motivazione cala drasticamente e si torna, delusi, alle vecchie abitudini, convincendosi che, molto probabilmente, non dimagriremo mai.

In questo articolo affronteremo il problema dello “sgarro”, sviscerandolo a fondo e cercando di trovare delle soluzioni per viverlo serenamente.

VOCE DEL VERBO SGARRARE

Da dizionario: SGARRARE “Commettere un errore o una mancanza, sbagliare”.

Si parla di sbaglio, di una mancanza, di trasgressione ad una regola imposta. Tipicamente quando si parla di sgarro ci si riferisce, o almeno per deformazione professionale è cosi, allo sgarro alimentare. Tutto ciò che non è compreso in un programma alimentare è uno sgarro. Questo però fa intendere che ci siano cibi proibiti, bannati, una sorta di mela di Adamo ed Eva nell’Eden.

Non sono affatto concorde con questa visione, e chi mi segue o si è trovato a lavorare con me lo sa bene. Non amo la parola eliminare, primo perchè non esisite motivo di togliere intere categorie di cibi, a meno che non ci sia un motivo legato a status patologico, secondo perchè nel momento in cui cali un imposizione dall’alto l’animo, la psiche umana farà di tutto per cercare di evadere da quelle sbarre che gli hai costruito intorno.

Non amo eliminare categorie di cibi, così come non amo la parola sgarro.

Fatto sta che nel momento in cui ci sentiamo “liberi” di fare qualcosa, molto spesso esageriamo, e lì le conseguenze ci sono eccome.

Facciamo un esempio. Sappiamo che per dimagrire a Tizio serve un deficit calorico, questo è innegabile. Tizio sa che le calorie che lo farebbero restare tale e quale sono circa 2000 al giorno, ovvero la sua normocalorica. Decide quindi di impostare un taglio di circa 200 kcal al giorno, decisamente poco, ma Tizio sa che in media un’ipocalorica ragionata su un soggetto che sta bene è intorno ad un  meno 10-15% non oltre ( salvo casi). Quindi Tizio assume da oggi, che è Lunedi, 1800 Kcal, e fino al sabato sera ha creato un deficit di 200*6= 1200 kcal. Tizio si ricorda anche che per perdere 1 kg di grasso ha bisogno di 7000 kcal di deficit. Quindi il suo percorso sarà lungo, ma lui è diligente e non ha alcuna fretta. Arriva però la domenica e Tizio va a pranzo fuori e continua a ripetersi che si mangerà anche il tavolo del ristorante perchè è stato bravo e se lo merita. Il suo corpo non lo sa però che giorno è, sa solo che gli arriveranno 1800 kcal come gli altri giorni. Tizio ordina e la tavola lentamente si riempe di cibo. Alla fine del pranzo, Tizio ha mangiato 3000 kcal, ovvero le 1800 che gli spettavano più altre 1200, esattamente quelle che aveva perso faticosamente in questi primi sei giorni. Tizio va avanti così per 6 settimane, si pesa e rimane tremendamente deluso perchè non ha perso nulla! Si dispera, chiama la sua dietista insultandola e dicendole che è incompetente che non sa fare il suo lavoro ecc ecc.. Abbandona l’idea di voler perdere peso, si convince che ha un metabolismo lento e le ossa grosse e se ne fa una ragione. In queste 6 settimane, Tizio crede di aver perso tempo e soldi.

La storia di Tizio è la storia di tanti, di molti. Ma cosa vuoi che sia un pasto libero? Ma che vuoi che mi faccia uno sgarro? Certo non vi uccide, ma semplicemente, se non ragionato e se alla lunga diventa una gara a chi mangia di più, può farvi fare la fine di Tizio.

MANGIAMO NON SOLO PER NUTRIRCI

Bene o male, tutti conosciamo quali sono gli alimenti che ci fanno bene e quali invece ci fanno male, eppure, quando ci viene data la possibilità di scegliere tra un pezzo di torta e un finocchio scondito, nessuno sceglierebbe il secondo. Il cibo è la prima forma di amore. Da esso ricerchiamo piacere, appagamento. L’immagine di chi sta a dieta è quella di una persona triste, che si priva momentaneamente dei piaceri della vita. A mio parere, il problema risiede proprio qui, ma ne parleremo più avanti.

Oltre a nutrirci, il cibo rappresenta per noi molto altro. Nel libro Project Nutrition, sono elencati i 10 motivi per cui mangiamo oltre che per soddisfare i fabbisogni del nostro corpo, guardiamoli insieme:

  1. CONSOLAZIONE. Il cibo è una valvola di sfogo enorme nella nostra società. Milioni di individui scaricano le proprie angosce e frustrazioni nel cibo, innescando spesso dei cicli da cui è davvero difficile uscire.
  2. NOIA. Provate a passare tutta la giornata a casa senza fare nulla. Vi ritroverete a spiluccare in continuazione, annoiati e senza sapere che fare se non mangiare.
  3. ABITUDINE. Il senso di fame segue le nostre abitudini: provate ad abituarvi a non fare colazione, e la fame vi verrà soltanto a pranzo.Abituatevi a fare 2 spuntini tra i pasti, e alle 11 vi verrà automaticamente fame. Se mangiamo 10 volte al giorno, ci sentiremo male se per qualche assurda ragione dovessimo saltare un pasto. Alle porzioni, agli orari, al gusto ci si abitua, nel bene o nel male.
  4. SOCIALIZZARE. Il cibo riveste una funzione sociale molto forte nel consolidare o creare nuovi legami; le cene di lavoro, ad esempio, sono la prova di come si cerchi di fare gruppo e di legare attraverso il cibo.
  5. DIPENDENZA. Come mai siamo portati a ricercare cibi grassi o zuccherosi piuttosto che un bel ravanello? Da una parte c’è un motivo recettoriale: quando i recettori gustativi sono saturi, abbiamo bisogno di sapori sempre più forti per avvertirli. Dall’altra si instaura una dipendenza: siamo drogati di cibo.
  6. GOLA. “Per il dolce c’è sempre spazio”. Possiamo essere sazi, non avere letteralmente più sangue, ma quando c’è qualcosa che ci piace, tirarci indietro risulta quasi impossibile.
  7. CURIOSITA’. La curiosità per il cibo è tipica delle persone intelligenti. Quando si viaggia, ci si trova di fronte a piatti mai assaggiati, la sazietà passa sempre in secondo piano. Il cervello ricerca esperienze gustative nuove per aumentare la sua mappatura sensoriale.
  8. RIEMPIRE UN VUOTO. Chi dopo essere lasciato o licenziato non ha provato a colmare il vuoto con il cibo?
  9. PUNIRCI. Odio e amore: alcune persone tendono a punirsi mangiando. Il loro fisico in sovrappeso li porta ad essere insoddisfatti. Mentre mangiano sanno già che si pentiranno, ma come un bambino che distrugge il giocattolo a cui è affezionato, loro per punirsi tendono ad eccedere a tavola.
  10. GRATIFICAZIONE. Nella nostra esistenza siamo continuamente alla ricerca della gratificazione: tutto quello che ci da piacere ci gratifica. Il cibo, senza impegno, a bassissimo costo, ci permette di premiarci.

IL VERO SIGNIFICATO DEL PASTO LIBERO E COME GESTIRLO

Possiamo pensare alla dieta migliore del mondo, al rapporto perfetto tra carboidrati, proteine e grassi, ai particolari e alle finezze, ma se alla fine questa dieta non ci appaga, la seguo per un lasso di tempo limitato, a meno che il miglior aspetto fisico non ci dia una gratificazione maggiore rispetto al mangiare.

Che lo desideriate oppure no, o siete magri e muscolosi di natura, o per diventarlo dovrete lottare contro voi stessi. Il genere umano tende per natura a scappare dal dolore e a ricercare il piacere. Per questo la maggior parte delle diete è destinata a fallire: per seguirle non basta un singolo atto eroico, ma la perseveranza e continue e piccole rinunce quotidiane.

E’ per questo motivo che il professionista in genere lascia un pasto libero alla settima: i 10 punti elencati in precedenza sono reali; alcuni sono evitabili, ma è innegabile il ruolo centrale che il cibo ha in ognuna delle nostre vite.

Quel singolo pasto non inficerà sui risultati ottenuti: è stato previsto, calcolato minuziosamente e inserito in un programma ben studiato. Vi dirò di più. Quel pasto libero, inserito generalmente nel fine settimana, è una sorta di “ricompensa” dopo essere stati precisi e diligenti durante tutta la settimana.

Considerarlo erroneamente come sgarro porterà a vedere il vostro percorso come mera “dieta per fare questo o quello”, perdendo di vista ciò che è realmente: bisogna limare le nostre abitudini, creando uno stile di vita piacevole e sostenibile.

Bisogna capire che è tutto molto più semplice di quello che si crede: si tratta di mangiare bene, in maniera equilibrata, senza eccessi, rispettando ciò che il professionista a cui vi siete rivolti ha pianificato per voi in relazione al vostro fabbisogno. E quella volta a settimana, mangiare quel piatto diverso, magari più calorico, ma utilizzando il buon senso, senza farsi travolgere dall’ingordigia e dal “tanto ormai”, e dai conseguenti sensi di colpa.

Non ci sono solo il nero e il bianco, ma anche tanti colori e sfumature.

Se avete dubbi su come gestire quel momento di libertà che vi è stato concesso, non lasciate che i vostri dubbi si trasformino in disperazione: la persona che vi segue è lì per aiutarvi. Chiedete, domandate, sciogliete i nodi che attanagliano la vostra testa: non siete dei soldatini, non state seguendo ordini preimpostati.

E ricordatevi sempre che il cibo è vostro amico. Chi decide di intraprendere un percorso dietetico non è una persona triste, tutta’altro: state facendo del bene al vostro corpo. Vi state amando. E non c’è cosa più bella di prendersi cura di se stessi.