Nel magico modo della composizione corporea, la massa magra e il grasso corporeo non sono rivali come si tende a pensare, ma, in un certo senso, si trovano ad essere compagni: entrambi influenzano la nostra composizione corporea e l’assunzione di energia.

Genericamente, si tende ad attribuire al grasso una funzione dominante del controllo dell’appetito: è quello che il modello del set point del grasso corporeo ci ha insegnato più di 50 anni fa. Tuttavia, da un’analisi dei pochi studi sull’uomo che hanno studiato le relazioni tra l’assunzione di cibo e la composizione corporea, è emerso che un aumento o una diminuzione della massa magra riveste un ruolo potenzialmente importante nel desiderio di mangiare.

In questo articolo vedremo quali sono i meccanismi di rilevamento dell’energia che guidano la fame e l’appetito relativamente alla massa magra, e cercheremo di capire i principali meccanismi con cui la dieta e la sedentarietà predispongono all’aumento del grasso corporeo.

GLI STUDI DICONO CHE..

Il primo rapporto sulle relazioni tra composizione corporea e assunzione di cibo “ad libitum”, ossia senza controllo, risale al 1989, quando venne scoperto che l’assunzione di energia per il mantenimento del peso corporeo non era correlata alla percentuale di grasso corporeo o alla massa grassa (FM), ma era invece associata alla massa magra (FFM). Questi risultati sono stati ignorati per almeno 2 decenni, fino al 2012, quando venne definitivamente appurato che la massa magra era positivamente associata alla dimensione del pasto e all’assunzione totale di energia in soggetti con sovrappeso e obesità.

Tra questi due rapporti, tuttavia, la pubblicazione di una nuova analisi del Minnesota Starvation Experiment vi consiglio di leggere, ha rivelato che la perdita di massa muscolare, indipendentemente dall’esaurimento della massa grassa, ha predetto il grado di iperfagia, ossia di alimentazione incontrollata, durante la fase di ri-alimentazione post dieta ipocalorica. I soggetti che avevano partecipato allo studio avevano quindi continuato a mangiare in maniera incontrollata anche dopo il recupero del peso perso.

Questo significa che, sebbene l’aumento della massa magra che accompagna il guadagno di grasso corporeo contribuisca ad un aumento del fabbisogno energetico man mano che l’obesità si sviluppa, anche un deficit della stessa massa magra è un fattore che guida l’assunzione di energia.

MASSA MAGRA E ASSUNZIONE DI ENERGIA

L’impatto dell’aumento della massa magra associato all’obesità sull’assunzione di energia è qualcosa di inatteso e controverso: è risaputo infatti che essa è una delle principali determinanti del dispendio energetico (circa il 70% del tasso metabolico a riposo).

E’ stato suggerito che la massa magra non ha alcun effetto diretto sull’assunzione di energia, ma influenza indirettamente la fame quotidiana, la dimensione del pasto e l’assunzione giornaliera di energia. Secondo alcuni ricercatori, tali fabbisogni energetici indotti dalla massa magra rappresentano una sorta di “aspirapolvere fisiologica” che guida l’assunzione di cibo in base alle richieste energetiche basali, e aiuta a garantire il mantenimento e l’esecuzione di processi biologici e comportamentali.

La ri-analisi dei dati dell’esperimento del Minnesota Experiment ha rivelato non solo che i deficit di massa magra e massa grassa prevedevano indipendentemente l’iperfagia post dieta ipocalorica, ma anche che nonostante il completo recupero di peso e grasso, l’iperfagia persisteva fino a quando la massa magra era completamente ripristinata ai livelli pre-dieta.

Tradotto in parole povere, l’aumento della fame dopo una consistente perdita di peso va oltre la spiegazione basata sulla teoria lipostatica e del modello classico del set point: la massa magra ha un impatto molto più forte sull’iperfagia, e finchè i suoi livelli resteranno bassi, gli adattamenti comportamentali alla perdita di peso continueranno a persistere e a spingere il soggetto a mangiare di più.

COLLATERAL FATTENING E RECUPERO DEL PESO

L’esistenza di un sistema di controllo in base al quale la perdita o il deficit di massa magra provoca un aumento dell’apporto energetico, con conseguente aumento della percentuale di grasso, denominato “collateral fattening”, ha diverse implicazioni per la ricerca nel settore dell’obesità.

Innanzitutto, aumenta la possibilità che, in seguito ad una dieta, la perdita di muscolo come fattore di recupero del peso può essere attribuita non solo al ridotto metabolismo a riposo, risultante da un minor costo energetico per il mantenimento di un tessuto magro inferiore, ma anche per l’impatto del suo deficit nell’aumentare il desiderio di mangiare.

In secondo luogo, l’esistenza di un circuito di feedback negativo tra massa magra e apporto energetico fornisce un concetto di estrema importanza: la dieta e il calo del peso rappresentano un rischio maggiore per il futuro aumento di peso in coloro che hanno un peso corporeo normale rispetto a quelli che presentano obesità.

La base di questa spiegazione sta nel fatto che la percentuale di perdita di peso come massa magra è maggiore nei soggetti magri rispetto a quelli obesi, e che un recupero più veloce di grasso rispetto a tessuto magro (cioè il grasso di recupero preferenziale) è una caratteristica di individui con peso normale che si stanno riprendendo da sostanziali perdite di peso e grasso a causa di un deficit energetico più moderato, nonché in pazienti che si stanno riprendendo da anoressia nervosa, carestia o cachessia.

Questa de-sincronizzazione temporale nel ripristino della massa grassa del corpo rispetto a quella magra provoca uno stato di iperfagia che persiste oltre il completo recupero del grasso, poiché continua a essere guidata dal deficit della massa muscolare. Tuttavia, poiché il completamento del recupero di quest’ultima è anche accompagnato dalla deposizione di grasso, se ne accumula in maniera maggiore: questo fenomeno appare quindi come prerequisito per consentire il completo recupero della massa magra e spiega perchè, dopo un programma dietetico non corretto, il recupero del peso sia addirittura maggiore di quello di partenza.

In terzo luogo, la relazione tra dieta e attività fisica, in questo contesto, si fa ancora più forte. Si potrebbe sostenere che, man mano che gli individui diventano sedentari e la funzione contrattile muscolare diminuisce, è probabile che il conseguente disuso muscolare porti a progressiva atrofia muscolare e perdita di massa magra. Tali deficit possono quindi innescare il circuito di feedback negativo tra massa magra e apporto energetico, attraverso un aumento compensativo dell’apporto di energia nel tentativo di ristabilire la massa muscolare scheletrica, accompagnato da un aumento del grasso corporeo.

LA SOLUZIONE C’E’!

Il titolo dell’articolo è ovviamente intriso di sarcasmo! Avere una buona massa muscolare non è mai una cosa negativa, e in questo contesto ancora di più!

Nel complesso, il fenomeno del Collateral Fattening è un ulteriore promemoria dell’importanza di promuovere sia le diete sane sia l’attività fisica come protezione contro la perdita di massa magra.

Deficit calorici non eccessivamente marcati, una buona quantità di proteine e attività fisica contro resistenza sono le 3 variabili che non dovrebbero mai mancare in un percorso di dimagrimento, pena l’eccessiva perdita di massa magra e tutte le conseguenze che questo comporta.