Il digiuno intermittente, o “Intermittent fasting” è una delle pratiche più in voga del momento. La diffusione di tale approccio va di pari passo con un cambiamento di mentalità e una maggior consapevolezza che il digiuno può non significare nulla di sbagliato: se gestito in maniera corretta, è sicuramente un metodo molto efficace per dimagrire e soprattutto, si è rivelato il protocollo più adatto a migliore condizioni di inflessibilità metabolica. Andiamo nel dettaglio e cerchiamo di capire come e perchè.
DIGIUNO INTERMITTENTE: CHE COS’E’
Il digiuno intermittente comprende un’ampia categoria di strategie alimentari caratterizzate da un periodo di digiuno alternato ad un periodo di alimentazione.
Macroscopicamente, l’Intermitting fasting è suddiviso in due grandi famiglie: l’Intermitting calories restriction (ICR) e il Time Restricted Feeding (TRF). Senza andare troppo nel dettaglio, possiamo dire che il primo approccio prevede, all’interno di un certo periodo (in genere una settimana) dei giorni di digiuno totale o semi-digiuno e altri di alimentazione “ad libitum”, senza quindi limiti di quantità o restrizioni dietetiche particolari; il secondo approccio prevede invece periodi più ristretti di alimentazione alternati a periodi di digiuno all’interno delle 24 ore(il più utilizzato è quello che prevede 16 ore di digiuno e 8 di alimentazione).
BENEFICI METABOLICI
A prescindere dal tipo di protocollo utilizzato, alla base dell pratiche dell’IF c’è l’idea di “costringere” il metabolismo energetico a shiftare da una condizione in cui le cellule sono fortemente dipendenti dal glucosio,e conseguentemente dall’insulina, ad una in cui diventano rilevanti altri carburanti metabolici, i grassi.
L’essere umano utilizza sempre una miscela di substrati per produrre energia,e determinati tessuti preferiscono un carburante piuttosto che un altro. Proprio per la necessità di dover utilizzare un substrato energetico o l’altro, è importante che l’organismo sia in grado di effettuare lo “shift” tra i diversi carburanti: tale capacità è definita flessibilità metabolica.
Se riuscite a digiunare per diverse ore senza problemi, o se dopo un piccolo pasto in grado di stimolare i maniera rilevante i livelli di insulina non avete effetti collaterali ( sonnolenza, astenia e/o aumento del senso di fame) probabilmente avete una buona flessibilità metabolica.
In caso contrario, è molto probabile che siate metabolicamente inflessibili e che quindi il vostro corpo non è in grado di utilizzare i grassi a scopo energetico
E’ stato ampiamente dimostrato che il digiuno, e quindi anche i protocolli di digiuno intermittente, possono aiutare a migliorare la flessibilità metabolica, ovvero, insegnare al corpo ad utilizzare maggiormente i grassi in determinate situazioni.
Un altro grande vantaggio del digiuno è la possibilità di essere adattato alle esigenze di ognuno: a livello endocrino, la frequenza dei pasti o l’orario in cui questi vengono consumati nell’arco dell giornata, non ha alcuna influenza rilevante. Questo significa che tra il digiunare saltando la colazione o il pranzo o la cena non vi sarà alcuna differenza, scardinando quelle credenze per cui, ad esempio, non bisognerebbe saltare la colazione, considerato è il pasto più importante della giornata: è stato ampiamente dimostrato che la scelta tra il fare e il non fare colazione debba essere esclusivamente basata sulle abitudini e preferenze dell’individuo, in quanto non influenza assolutamente l’aumento o la perdita di massa grassa.
Digiuno Intermittente: BENEFICI SULLA SALUTE
Dal punto di vista della salute in generale, il digiuno sembrerebbe essere associato a :
Diminuzione del grasso e del peso corporeo.
Minor perdita di massa muscolare in una dieta ipocalorica
Diminuzione dei livelli di glucosio nel sangue
Diminuzione dei livelli di insulina e aumento della sensibilità ad essa
Aumento della lipolisi e l’ossidazione dei grassi
Incremento della proteina di disaccoppiamento mitocondriale (aumento del dispendio calorico)
Aumento dei livelli di noradrenalina e adrenalina
Aumento dei livelli del glucagone
Aumento dei livelli del GH
Diminuzione dello stress correlato al cibo
Diminuzione dell’infiammazione sistemica cronica
Autofagia mitocondriale
COSA SAPERE SULL’ INTERMITTENT FASTING
Il digiuno intermittente è un programma abbastanza flessibile e permette a chiunque con qualsiasi tipo di alimentazione di seguirlo.
E’ necessario però fare alcune precisazioni.
IL METODO FUNZIONA SE ALLA BASE C’E’ UN DEFICIT ENERGETICO
Nella descrizione del protocollo di intermitting fasting, molti autori parlando di “iper-alimentazione controllata”, e questo è altamente fuorviante per chi crede che basti digiunare 16 ore per poi potersi ingozzare all’infinito.
Non è infatti il digiuno in sè a favorire il dimagrimento e i benefici metabolici, bensì il vantaggio derivante dal ristretto lasso di tempo in cui è possibile alimentarsi.
Effettuando ad esempio il protocollo 16/8, le 8 ore a disposizione per alimentarsi rendono maggiormente probabile un controllo calorico, anche mangiando ad libitum, che tenderà ad essere sicuramente minore rispetto ad una dieta comune. E non sto dicendo che le calorie non contano per dimagrire, tutt’altro: anche se tecnicamente questo approccio non prevede calcoli o restrizioni particolari, il deficit calorico, in un modo o nell’altro, si instaura.
NON E’ UN PROTOCOLLO ADATTO A TUTTI
In modo particolare il digiuno intermittente è sconsigliato a:
Soggetti con patologie e/o che assumono farmaci, previa consultazione medica
Bambini e adolescenti
Donne in gravidanza/allattamento
Soggetti che soffrono di disturbi del comportamento alimentare
Sopratutto per quanto riguarda il punto 4, è stato recentemente visto che alternare periodi di digiuno a periodi di alimentazione, possa addirittura esacerbare disordini del comportamento alimentare.
ESTREMIZZARE NON E’ LA SCELTA GIUSTA
Non ragionate con il “tutto o niente”, siate flessibili. Il metodo è sicuramente valido, e idealmente può essere portato avanti tutti i giorni e per lunghi periodi di tempo, ma nessuno vi chiede di essere così estremisti.
Quello che vi consiglio è innanzitutto di procedere per gradi iniziando con 1 giorno a settimana, utilizzando il metodo 16/8 che è il più flessibile, e raggruppando quello che avreste mangiato in una giornata nelle 8 ore concesse.
Una volta che avete preso confidenza con questa nuova abitudine, potreste ripeterla durante la settimana, 2,3, massimo 4 volte a mio parere, a seconda delle vostre esigenze e dei vostri impegni giornalieri.
Non essendo una dieta, ma solo una modalità con cui questa può essere seguita, l’IF può essere applicato a qualsiasi protocollo alimentare; funziona bene per chi non ama fare 5-6 pasti al giorno, o per chi non ha tempo per cucina/preparare i pasti/ lavare i piatti etc.
Funziona molto bene anche per gli sportivi che attuano una ciclizzazione calorica e/o glucidica nell’arco della settimana: in questi casi, i giorni OFF potranno coincidere con le giornate di digiuno intermittente.
Concludo precisando nuovamente che sì, è anche un‘ottima soluzione per chi vuole dimagrire e migliorare la propria flessibilità metabolica, ma solo e soltanto se alla base vi è un deficit calorico.
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Iniziamo questo viaggio insieme, verso la tua consapevolezza alimentare.
Una delle domande che più spesso mi viene posta è “Qual è la dieta migliore per dimagrire?”.
E’ un po’ come chiedere “Qual è l’auto migliore?” … DIPENDE! La miglior macchina per una famiglia con bambini non sarà certamente la stessa per un uomo il cui unico scopo è quello di impressionare quante più donne possibili.
E lo stesso vale per la dieta. Il meglio può essere definito solo in relazione al contesto specifico. Ciò che è meglio per un principiante obeso non è lo stesso per un atleta o un bodybuilder magro. E ci sono molti altri fattori che vanno considerati per decidere se quel dato approccio dietetico può essere considerato il migliore in un dato contesto.
Oggi vorrei affrontare con voi alcuni dei fattori generali che andrebbero presi in considerazione per rendere una dieta realmente vincente.
GLI OBIETTIVI DELLA DIETA PER DIMAGRIRE
In generale, uno degli obiettivi di una dieta dovrebbe essere la perdita di peso, ma questo è più concettualizzato come miglioramento della composizione corporea. Nella stragrande maggioranza dei casi, ciò significa massimizzare la perdita di grasso e mantenere o, in alcuni rari casi, aumentare la massa magra. Sì, ci sono casi in cui una perdita di massa magra è considerata accettabile, ad esempio negli stati più avanzati di obesità, ma, al di fuori di questo, l’obiettivo di una corretta dieta non dovrebbe essere semplicemente la perdita di peso, ma piuttosto la perdita di grasso.
Ovviamente una dieta non dovrebbe sacrificare la salute e questo significa garantire quantità sufficienti o almeno adeguate di tutti i nutrienti essenziali: ciò significa quantità sufficienti di proteine alimentari, acidi grassi essenziali e vitamine / minerali (di solito ottenuti da frutta e / o verdura). Tutto il resto è, a rigor di termini, facoltativo, nel senso di essere nutrizionalmente richiesto. Ma qualsiasi dieta che non soddisfa almeno questi tre requisiti (proteine, EFA, micronutrienti), non è una buona dieta.
In un mondo ideale, una buona dieta potrebbe smussare o almeno aiutare a controllare la fame. Questo è spesso più facile a dirlo, soprattutto nelle ultime fasi di un percorso dimagrante, ma qualsiasi dieta decente per la perdita di grasso dovrebbe almeno tentare di affrontare il problema della fame; ed è chiaro che alcuni modelli dietetici sono migliori di altri in questo senso.
Allo stesso modo, una dieta dovrebbe almeno corrispondere alle preferenze alimentari del soggetto; ovviamente ci deve essere qualche restrizione, altrimenti non sarebbe una dieta, ma aspettarsi che le persone mangino cibi che a loro non piacciono è generalmente la ricetta perfetta per il fallimento.
Per gli individui attivi vi è una preoccupazione aggiuntiva per il mantenimento delle prestazioni fisiche durante una dieta. Questo è ancora più importante per gli atleti. Essere in grado di mantenere una performance di alta qualità è importante per una serie di motivi e le diete possono modificare questa capacità; il tipo di esercizio che viene svolto ha anche un impatto su questo. Trovare un equilibrio tra dimagrimento e mantenimento delle prestazioni fisiche non è per nulla facile.
Infine, una dieta ideale per la perdita di grasso dovrebbe fornire almeno qualche possibilità di consentire al soggetto, una volta in mantenimento, di non riguadagnare tutto il peso e il grasso persi. Certamente questo non si riduce alla dieta stessa , ma è importante. La dieta per il dimagrimento non deve necessariamente essere identica all’approccio per il mantenimento , ma essere in grado di passare dalla dieta vera e propria al mantenimento senza enormi cambiamenti tende ad essere benefica; le abitudini alimentari stabilite durante la dieta stessa possono fungere da “base” per l’approccio di mantenimento.
In ogni caso, gli unici requisiti che a mio parere rendono una dieta non perfetta, ma sicuramente efficace, sono:
1) Lo squilibrio tra input e output energetico. Se non c’è deficit di energia, nessun grasso andrà perso.
2) Fornire i nutrienti essenziali: proteine, grassi essenziali e micronutrienti
Vorrei anche ricordare che la combinazione di dieta ed esercizio fisico tende ad essere superiore alla sola dieta. Molte persone hanno perso peso / grasso senza di esso, semplicemente generando un deficit dall’alimentazione, ma i benefici dell’attività fisica vanno ben oltre la mera perdita di peso.
Tutto il resto, quindi frequenza del pasto, schema del pasto, tutte le cose a cui le persone tendono ad aggrapparsi non sono essenziali; possono essere di certo utili, ma non è da questi fattori che dipende la buona riuscita di una dieta.
MA QUINDI.. ESISTE LA DIETA MIGLIORE PER DIMAGRIRE?
Tutte le diete, se rispettano i due fattori sopra citati, funzionano e anche bene.
Detto ciò, ci sono sicuramente alcuni fattori da considerare nella scelta di un approccio dietetico specifico, che cambieranno in base al tipo di soggetto e alle personali esigenze.
LA FAME
Diete differenti controllano la fame in misura migliore o minore.
Le proteine sono il fattore chiave per smorzare la fame, ma sembra esserci una differenza tra individui magri e obesi in base a quali ormoni hanno un impatto maggiore; poiché i diversi nutrienti influenzano gli ormoni della fame in modo diverso, per estensione ciò significa che gli obesi possono fare più facilmente diete differenti rispetto alle persone magre.
Data la tipica resistenza a leptina e insulina negli obesi, questo non è sorprendente. Ma c’è spesso una grande differenza individuale in tutto questo. Non è sempre correlato ai livelli di grasso corporeo, anche se tende a essere facilmente coinvolto a causa del prossimo fattore: la sensibilità all’insulina.
SENSIBILITA’ ALL’INSULINA
L’insulina svolge molti ruoli all’interno del nostro corpo e la sensibilità relativa alle sue funzioni ha un impatto su tutti questi aspetti. Soggetti con bassa sensibilità all’insulina spesso sovraproducono insulina, e ciò potrebbe essere l’ideale per abbinare la dieta a questo aspetto. Sfortunatamente, è difficile determinarlo al di fuori del laboratorio.
Certamente l’insorgenza di insulino-resistenza / sovre-secrezione di insulina è strettamente correlata all’obesità, ma questo non è universale; le persone magre possono essere resistenti all’insulina (geneticamente) e gli individui obesi possono avere una normale sensibilità all’insulina. Quindi non ci sono garanzie.
Alcune linee guida generali suggerisco quanto segue:
Se ti ritrovi ad avere sonnolenza o sbalzi di energia con un’elevata assunzione di carboidrati, questo tende ad essere indicativo di una scarsa sensibilità all’insulina o di un eccesso di rilascio di insulina e viceversa. Se ti senti energico con livelli di energia stabile a carboidrati più alti (o se provi una forte sensazione di sazietà) sei quasi sicuramente sensibile all’insulina (e probabilmente alla leptina).
Per le persone che praticano allenamento con i pesi, se ottengono un buon pump e pienezza muscolare dopo una maggiore assunzione di carboidrati, probabilmente hanno una buona sensibilità all’insulina; le persone che tendono a gonfiarsi spesso hanno una scarsa sensibilità all’insulina.
Sia chiaro, quanto sopra non è assolutamente una regola, ma solo un modo approssimativo per stimare la sensibilità o la resistenza all’insulina.
In linea generale, gli individui con una buona sensibilità all’insulina sembrano reagire meglio a diete ricche di carboidrati e viceversa; le persone con scarsa sensibilità all’insulina performano meglio con carboidrati bassi e grassi più alti, e in questo caso meglio è su tutta la linea: migliore soppressione della fame, livelli energetici più stabili, aderenza più semplice e, per questo motivo, spesso una maggiore perdita di grasso.
LIVELLI DI GRASSO CORPOREO
Naturalmente, i livelli di grasso corporeo hanno un impatto su molti fattori correlati a questo, come ad esempio la sensibilità all’insulina: generalmente questa peggiora con l’aumento dei livelli di grasso corporeo, ma, come detto in precedenza, questo non è universale.
Ancora più importante, gli individui con elevati livelli di grasso corporeo non perdono tanta massa magra in dieta e non devono preoccuparsi altrettanto del consumo totale di proteine (ne richiedono anche meno); persone più snelle che cercano di diventare molto magre hanno invece un enorme problema con la perdita di massa magra.
C’è anche il problema del grasso corporeo ostinato e questo è particolarmente vero per il grasso localizzato nella parte inferiore del corpo, problema che affligge principalmente delle donne. La fisiologia specifica di quel grasso spesso richiede uno specifico approccio dietetico, formativo o integrativo, per mobilizzarlo e bruciarlo efficacemente. Gli uomini, in generale, non hanno bisogno di altrettante variazioni, anche se spesso traggono vantaggio da approcci leggermente diversi.
ESERCIZIO FISICO
Ed infine c’è l’esercizio fisico, troppo spesso male interpretato o, ancora peggio, ignorato. Non può esserci una dieta per dimagrire senza un adeguato esercizio fisico.
Un principiante che inizia un programma di esercizi a basso livello o che svolge solo attività a bassa intensità ha requisiti molto diversi da un atleta magro che esegue un certo volume di esercizi ad alta intensità, e questo ha un impatto significativo sulla scelta alimentare (l’esercizio migliora anche la sensibilità all’insulina al di fuori dei livelli di grasso corporeo).
E la parte divertente è spesso che le considerazioni di cui sopra interagiscono o si contraddicono a vicenda. Un atleta coinvolto in un allenamento pesante che è geneticamente insulino-resistente può aver bisogno di avere carboidrati bassi a causa della sua condizione, ma ha anche bisogno di avere carboidrati più alti per supportare l’allenamento.
QUAL E’ QUINDI QUESTA FAMIGERATA DIETA PER DIMAGRIRE?
.. DIPENDE!
La dieta migliore è quella che più si adatta a voi.
Ciò però non deve prescindere dai due concetti basilari che rendono ogni dieta efficace: il deficit calorico e il giusto apporto di nutrienti essenziali.
Il resto dipenderà da tutte le sfumature che abbiamo visto in precedenza, e che dipendono principalmente dal soggetto in questione.
Ciò che renderà una dieta perfetta sarà semplicemente la sua affinità alle vostre caratteristiche. La dieta per dimagrire adatta a tutti, è un sogni che non si realizzerà mai. Siamo tutti diversi, e proprio per questo ogni dieta sarà differente, e funzionerà in maniera differente per ognuno di noi.
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La scelta della giusta figura professionale per l’elaborazione di una dieta personalizzata e adatta alle proprie esigenze non è affatto semplice.
Dal punto di vista legale, le figure professionali autorizzate alla stesura di piani dietetici sono 3: il Dietologo, il Dietista e il Biologo Nutrizionista.
Cerchiamo di capire meglio cosa si nasconde dietro ognuna di queste figure professionali e cosa può guidarci alla scelta dell’una e dell’altra per la nostra dieta personalizzata.
CHI PUO’ PRESCRIVERE UNA DIETA PERSONALIZZATA?
DIETOLOGO: CHI E’ E COSA FA
Il dietologo è un medico a tutti gli effetti: il suo percorso di studi comprende infatti la Laurea in Medicina e Chirurgia e la specialistica in Scienze dell’alimentazione. E’, tra le 3 tre figure professionali, l’unico che può fare diagnosi, prescrivere il piano dietetico ed eventualmente dei farmaci.
Professionalmente è il più completo: può infatti autonomamente evidenziare e certificare qualsiasi patologia e/o condizione che necessita di un piano alimentare personalizzato, e può espletare la sua attività sia in ambito ospedaliero che privato.
BIOLOGO NUTRIZIONISTA: CHI E’ E COSA FA
Il Biologo nutrizionista possiede una laurea in Biologia e, legalmente, qualunque sia il suo percorso formativo, se si iscrive all’Albo può svolgere l’attività di biologo nutrizionista; può, a sua discrezione, scegliere di specializzarsi in Scienze dell’Alimentazione.
Legalmente, il biologo nutrizionista può elaborare diete in autonomia solamente in condizioni fisiologiche; se invece il paziente è presumibilmente affetto da qualche patologia, il biologo ha l’obbligo di inviarlo al medico perché accerti le condizioni di salute e solo allora, potrà elaborare un piano dietetico adatto alle sue esigenze.
La figura professionale del biologo nutrizionista non può quindi effettuare diagnosi e/o prescrivere diete in soggetti con una qualunque condizione patologica senza la prescrizione medica.
DIETISTA: CHI E’ E COSA FA
l Dietista è una figura professionale sanitaria laureata in Dietistica, corso di laurea Triennale abilitante all’esercizio della professione previo superamento dell’esame di stato.
E’ definito legalmente come «l’operatore sanitario competente per tutte le attività finalizzate alla corretta applicazione dell’alimentazione e della nutrizione, compresi gli aspetti educativi e di collaborazione all’attuazione delle politiche alimentari» (Decreto Ministeriale 14/09/1994) .
Il dietista è in pratica un professionista specializzato, che si occupa di promuovere e curare l’alimentazione e la nutrizione in situazioni fisiologiche e patologiche: dall’elaborazione di piani dietetici terapeutici personalizzati (su prescrizione medica attestante la diagnosi) alla stesura di menù per gruppi di sani o malati (ristorazione collettiva per mense e comunità) fino alla progettazione e alla realizzazione di attività didattiche, educative e informative. E’ inoltre la figura professionale di riferimento nella cura multidisciplinare dei Disturbi del Comportamento Alimentare. Non essendo un medico, non può prescrivere farmaci o fare diagnosi.
Dal 1 luglio del 2018, è obbligatoria per il dietista l’iscrizione all’Albo per l’esercizio della professione.
QUALE FIGURA SCEGLIERE?
Sicuramente, tra le tre quella del DIETOLOGO è la più completa, in quanto trattasi di un medico e per questo autorizzato ad operare autonomamente sia per la diagnosi che per l’elaborazione del piano dietetico.
Tuttavia, la figura del Dietista è quella che, dal punto di vista del percorso di studi, risulta la più specializzata in ambito di alimentazione: è infatti tra le tre l’unica che ha alle spalle un percorso formativo che prevede l’acquisizione di una buona conoscenza delle discipline teoriche essenziali, i fondamenti delle discipline caratterizzanti la professione e i concetti fondamentali della chimica degli alimenti, microbiologia, igiene applicata, alimentazione e nutrizione umana, fisiopatologia della nutrizione, dietetica e dietoterapia, nonchè l’approfondimento della psicologia e dei disturbi del comportamento alimentare.
Basandoci sul mero percorso formativo, il Biologo Nutrizionista può risultare il meno “ferrato”, ma molto dipende dalle scelte personali di specializzarsi ed aggiornarsi in ambito alimentare. Conosco infatti personalmente biologi nutrizionisti molto più più preparati e aggiornati di numerosi dietologi e dietisti.
E’ proprio questo ultimo punto a fare la differenza : non tanto il poter elaborare o meno una dieta, ma quanto il SAPERLO FARE.
La passione, l’aggiornamento, la volontà di conoscere e sperimentare, è ciò che rende un semplice “laureto” un BRAVO PROFESSIONISTA, qualsiasi sia il suo percorso di studi.
Quindi, nella scelta della persona giusta alla quale affidarsi, il mio consiglio è: date sempre un occhio al titolo professionale ( ricordiamoci che l’abuso professionale è sempre dietro l’angolo), ma soprattutto informatevi sul suo modo di lavorare, sulle esperienze di altri pazienti, sulle capacità empatiche e comunicative del professionista. La differenza la fanno le conoscenze e le capacità di approcciarsi al cliente, nonchè l’elasicità e la capacità di adattare un piano dietetico al singolo soggetto.
Diffidate di chi non cerca di conoscervi e di scoprire le vostre abitudini: una dieta, prima di essere efficace, deve essere personalizzata, cucita su di voi.
Il “poter fare” è diverso dal “saper fare”: un titolo non da la professionalità.
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Iniziamo questo viaggio insieme, verso la tua consapevolezza alimentare.
Che cos’è la Dieta Mediterranea? E come avvicinarsi a questo stile di vita?
Il cibo ha assunto, nel tempo, connotazioni diverse e che si sono adattate allo stile di vita dell’essere umano. Il tipo di alimentazione è fortemente influenzata dai ritmi di vita e dalla flessibilità individuale: l’uomo di oggi sembra avere sempre meno tempo e sempre più fame. L’atto di cucinare e di consumare pasti in tranquillità è diventata ricorrenza rara, da riservare alle domeniche a casa della nonna o ancora alle note festività.
Il risultato di tutto questo è stato sicuramente tanto tempo risparmiato, grazie alle meraviglie dell’industria alimentare che ci ha donato infinità di cibi pronti, iperenergetici e decisamente economici, ma anche tanta salute persa.
Ultimamente, questo concetto sta iniziando a venir fuori e sempre più persone stanno tentando di tornare alle “origini”, di riapprocciarsi ad uno stile di vita salutare, prendendo come esempio la famosissima Dieta Mediterranea.
Non starò qui a raccontarvi la storia di questa dieta, in quanto spero che tutti voi abbiate sentito parlare almeno una volta del “Seven Countries Study”. Quello su cui vorrei soffermarmi è: ma davvero nel XXI secolo si può ancora parlare di Dieta Mediterranea? E , nel caso non fosse così, come possiamo adattare questo tipo di regime alimentare ai nostri giorni?
Scopriamolo insieme.
POSSIAMO ANCORA PARLARE DI DIETA MEDITERRANEA?
Sarò sincera: già ai tempi dell’Università, quando ci presentavano questo come modello da far seguire ai nostri futuri pazienti, ero molto scettica. Mi veniva in mente la pasta e fagioli di mia nonna, con la quale sono praticamente cresciuta ma che di Mediterraneo ha ben poco. Porzioni spropositate, litri di olio in cui galleggiano, timidi, i poveri fagioli, sommersi da una valanga di parmigiano.
La dieta mediterranea è un modello di stile di vita ispirato alle abitudini dei Paesi Europei del bacino del Mar Mediterraneo negli anni Cinquanta del XX secolo.
La disponibilità di cibo, i ritmi di vita e la qualità degli alimenti erano ben diversi da quelli a cui siamo abituati noi oggi; già questo può fa ben intuire che, nonostante i principi che ci sono alla base siano effettivamente validi, non si può dire lo stesso sulla sua applicabilità ai giorni nostri.
QUALI SONO I PRINCIPI DELLA DIETA MEDITERRANEA?
Le regole imprescindibili basate sull’efficacia della dieta mediterranea in termini di benefici sulla salute dovrebbero essere i seguenti:
Esercizio fisico moderato e COSTANTE
Carboidrati in quantità > 50% del fabbisogno giornaliero, purchè derivanti da prodotti locali, siano integrali e costituiti principalmente da frutta e verdura
Alimentazione basata sulla stagionalità
No ad alimenti processati
Alternanza della normale alimentazione a periodi di digiuno/semidigiuno
Buon quantitativo di lipidi, con una buona percentuale di grassi insaturi e bassa di saturi
Se davvero un soggetto seguisse alla lettera tali indicazioni, si avrebbero effettivamente i benefici dimostrati da tale modello, ma la realtà è che risulta estremamente difficile rispettare in maniera precisa tutti i 6 punti elencati.
Questo non significa che il modello mediterraneo sia inefficace, tutt’altro: bisogna solamente guardarlo sotto un’altra ottica, facendo in modo di focalizzarsi sui concetti, non prendendo quindi quelle indicazioni alla lettera, ma guardandole in senso globale per renderle utili ad abbracciare uno stile di vita che, se pur non ricalchi in maniera perfetta quello dei contadini e coltivatori degli anni ’50, lo possa almeno in qualche modo imitare.
DIETA MEDITERRANEA: LA MIA PROPOSTA
Tenendo conto delle considerazioni fatte in precedenza, proverò a riadattare le indicazioni della Dieta Mediterranea alle esigenze dell’uomo del 2000, in modo da dare la possibilità ad ognuno di stilare la propria “dieta” e di approcciarsi a questo stile di vita .
ADATTARE L’ESERCIZIO FISICO IN BASE AL LAVORO/STUDIO: una media di 3 volte/settimana per chi fa lavori pesanti e di 4/5 per chi svolge una vita sedentaria sono sufficienti ad ottenere buoni risultati in termini di salute. Cercare in ogni caso di mantenersi attivi, tenendo una media di 8000-10000 passi giornalieri.
ADATTARE NUMERO, QUANTITA’ E FREQUENZA DEI PASTI IN BASE ALLE PROPRIE ESIGENZE E PREFERENZE: i canonici tre pasti al giorno, di media, potrebbero andare bene per chiunque. In base ad impegni/preferenze, si potrà optare per la metodica del digiuno intermittente (per chi si trova bene a fare meno pasti) o aggiungere 1/2 spuntini (per chi è abitutato a mangiare più spesso). Ovviamente, in base alla frequenza, si modificherà la quantità di ogni pasto.
VARIARE LA DIETA: in termini sia di cotture che di alimenti (fonti proteiche, glucidiche, verdure)
CONCEDERSI QUALCHE STRAPPO ALLA REGOLA ED ESSERE FLESSIBILI: non eliminare alcuna categoria di cibo; pasti più elaborati, se ben distribuiti (ogni 7-10 giorni) non creano alcun tipo di problema. Se ci si rende conto di aver esagerato, regolarsi di conseguenza in base alla sensazione di fame del giorno seguente: una giornata di digiuno intermittente o low carb/low fat, se se ne sente l’esigenza, non ha mai ucciso nessuno.
Per quanto riguarda invece la COMPOSIZIONE DEI PASTI:
Nei pasti principali prevedere sempre una buona porzione di verdura, una fonte proteica e una glucidica preferibilmente integrale; per chi lo tollera, terminare il pasto con un frutto, che può essere altrimenti utilizzato come spuntino
Le fonti proteiche possono essere di origine animale e/o vegetale; per le fonti animali, quindi pesce, carne e latticini, considerare una distribuzione settimanale di 3-2-2. Le uova, in base a gusti e preferenze, possono essere consumate anche 1-2 al giorno.
Condire le pietanze con olio extravergine di oliva e utilizzare erbe e spezie per insaporire i piatti, non abusando quindi del sale aggiunto
Quotidianamente può essere consumata una manciata di frutta secca
Idratarsi in maniera adeguata: minimo 2 L di acqua, da integrare quando si fa esercizio fisico.
CONCLUSIONI
Sulla base di queste indicazioni e tenendo conto dei propri fabbisogni, ognuno potrà approcciarsi ad una dieta di tipo mediterraneo, adattata allo stile di vita che ognuno di noi oggi ha.
Porre attenzione al consumo di una fonte proteica ad ogni pasto, insieme a frutta e verdura e a cereali integrali, aiuterà ad avere un miglior controllo della fame e a mantenere di conseguenza un introito calorico non eccessivo: tutto ciò avrà un riscontro positivo in termini di salute.
Ecco che, quindi, anche nel XXI secolo è possibile parlare di Dieta Mediterranea, ma solo adottando degli accorgimenti e adattandoli al cambiamento dello stile di vita dell’uomo moderno.
Regolazione del peso corporeo: Set Point e Settling Point
Negli anni la ricerca scientifica ha approfondito e cercato di comprendere le dinamiche alla base della regolazione del peso corporeo.
In generale si tende a pensare che i cambiamenti di peso e, più precisamente, di massa grassa, dipendano semplicemente dalle abitudini della persona, dall’alimentazione, dall’allenamento e dallo stile di vita.
Quello che siamo oggi è il risultato delle nostri abitudini fino a questo momento, come dire ” chi nasce tondo non può morire quadrato”.. se sei sempre stato in sovrappeso, non riuscirai mai a dimagrire.
Ma è davvero così? Scopriamolo insieme!
I MECCANISMI ALLA BASE DELLA REGOLAZIONE DEL PESO CORPOREO
La maggior parte dei sistemi del corpo è finemente regolata: il nostro corpo tende sempre a mantenere un equilibrio costante per mantenersi in salute, e tende a “settare” dei range entro i quali, in un modo o nell’altro, tende sempre a rientrare ogni volta che ci si discosta da essi.
Negli anni, sempre più studi scientifici hanno dimostrato che ad essere regolata è anche la quantità di grasso corporeo
I principali modelli proposti dalla comunità scientifica per spiegare tali meccanismi sono essenzialmente due: quello del Set Point e quello del Settling Point.
SET POINT
Il Set Point è un range di grasso corporeo in cui tutti i processi fisiologici del corpo sono in perfetta efficienza e salute. Questo valore è fissato in una zona del cervello chiamato ipotalamo ed è determinato geneticamente, ma anche fortemente influenzato dalla storia metabolica di una persona.
Questo range dipende già dalle abitudini alimentari della madre durante la gravidanza: un’alimentazione in eccesso o in difetto durante la gestazione aumenta la predisposizione del nascituro al sovrappeso.
Anche il periodo immediatamente post nascita è fondamentale: è proprio in questa fase, in particolare fino agli 8-10 anni, che avviene la cosiddetta Iperplasia adipocitaria, ossia l’aumento IRREVERSIBILE del numero delle cellule adipocitarie, che potranno in futuro solamente “svuotarsi”, ma non ridursi di numero.
Un maggiore numero di adipociti è correlato a set point più alti, e questo è uno dei motivi principali per cui chi ha un passato di sovrappeso o obesità da bambino è molto più propenso a mantenersi più grasso anche da adulto, e nonostante dieta e allenamento, tenderà ad avere molte più difficoltà a perdere grasso e soprattutto poi a mantenerlo più basso.
Questo accade perchè quando il grasso corporeo si discosta dal range che il cervello reputa ideale, ovvero il set point, il corpo mette in atto dei meccanismi compensatori che agiscono principalmente su:
aumento o diminuzione della fame
aumento o diminuzione dell’attività fisica spontanea non sportiva inconscia (NEAT)
aumento o diminuzione dell’efficienza metabolica (quantità di calorie dissipate ad esempio in calore)
aumento o diminuzione dell’efficienza muscolare (quantità di calorie bruciate per svolgere un determinato compito o esercizio fisico)
In pratica, possiamo dire che :
quando si è sotto il set point il corpo tende ad aumentare la fame, diminuire l’attività fisica e le calorie necessarie a svolgerla (maggiore efficienza) e quindi a cercare di assumere più calorie e bruciano meno
quando si è sopra il set point il corpo tende ad abbassare la fame, aumentare l’attività fisica e le energie dissipate (minore efficienza) e quindi a cercare di diminuire le calorie in entrata ed aumentare quelle in uscita
Il Set point NONSI MODIFICA durante la vita di un soggetto adulto, a causa del numero costante degli adipociti e delle alterazioni ormonali che hanno impostato questo valore nell’ipotalamo.
Tutto ciò è alla base di uno dei grandi problemi dell’epidemia di obesità : non tanto perdere peso, ma mantenere un peso più basso per tutta la vita.
SETTLING POINT
Non tutti gli scienziati sono d’accordo con l’idea di un set point rigido, e preferiscono pensare in termini di Settling Point, un modello in cui il range del Set Point viene sommato a tutte le componenti dello stile vita (allenamento, alimentazione, stile di vita quotidiano etc) facendo si che il corpo si assesti su di una determinata composizione corporea e quantità di grasso trovando un suo equilibrio.
In effetti questo sembra essere il modello più vicino alla realtà delle cose: se ci pensiamo bene, la gente non continua a guadagnare peso a tempo indeterminato, ma piuttosto, in base ai fattori ambientali basati sullo stile di vita e alla loro interazione con la genetica, si guadagna una certa quantità di peso (grasso) fino a stabilizzarsi intorno ad un nuovo peso corporeo (plateau del peso).
E’ proprio su questo che si può “giocare”: se il Set Point non si abbassa mai, ovvero sotto una determinata quantità di grasso corporeo iniziano tutti gli adattamenti negativi di cui sopra, è possibile trovare un proprio equilibrio tra abitudini alimentari, attività fisica e stile di vita ( il Settling Point) per cui è possibile entro un certo limite mitigare questi adattamenti. Solitamente cioè avviene avendo un buon introito calorico ma anche un ottimo consumo energetico ed un ottimo metabolismo, ottenuti tramite costante allenamento e buone abitudini alimentari che diventano parte integrante della vita del soggetto e non più vissute come fasi a termine o restrizioni e sacrifici.
CONCLUSIONI
Come abbiamo visto, la regolazione del peso corporeo è altamente influenzata dalla genetica, dal passato metabolico e dal peso tenuto in infanzia e pubertà, nonchè dall’alimentazione e andamento del peso della madre in gravidanza.
Soggetti con un set point più alto, ovvero persone che naturalmente tendono ad avere percentuali di grasso più alte, devono comprendere ed accettare la loro condizione in modo da poter applicare le migliori strategia.
La cosa migliore da fare , è rendere l’allenamento e la giusta alimentazione uno stile di vita perenne da mantenere per tutta la vita, tenendo bene a mente che gli adipociti muoiono e rinascono, si svuotano e si riempiono, e sono le nostre abitudini alimentari e sportive che nel LUNGO PERIODO inclinano gli equilibri del corpo.
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