BILANCIA FOR DUMMIES: IL PESO DEL PESO

BILANCIA FOR DUMMIES: IL PESO DEL PESO

Al mondo, ci sono due tipi di persone. Quelle che si pesano ogni mattina e/o più volte in una giornata, e quelle che nemmeno hanno una bilancia in casa.

Fin da quando nasciamo, il nostro stato di salute viene letteralmente misurato dal numero che appare sulla bilancia; il nostro peso e la nostra altezza vengo messi in relazione per valutare se cresciamo bene o meno, e pare che, crescendo, quel numero sia destinato a influenzare il nostro comportamento a tavola e con il cibo.

Se il numero sale, è meglio darsi una calmata. Se il numero scende, forse dovremmo mangiare di più.

Ma che cosa rappresenta quel numero?

Una bilancia misura il nostro peso, ossia la forza che il campo gravitazionale terrestre esercita sulla nostra massa, ma non ci fornisce alcuna indicazione sulla nostra composizione corporea, sui materiali di cui siamo fatti. 

Il nostro corpo è costituito dagli organi interni, dal sistema nervoso, dai muscoli scheletrici, dal tessuto adiposo -quello che, volgarmente chiamiamo grasso- dallo scheletro, dal sangue e da acqua.

Le percentuali di ognuno di questi componenti possono variare anche di molto: i muscoli scheletrici in un soggetto medio possono andare dal 25 al 40% del peso corporeo, mentre il tessuto adiposo in un soggetto magro potrà essere intorno al 10%, ma in un soggetto fortemente obeso potrà arrivare fino al 50% del peso totale.

Il cervello può pesare fino a un chilo e mezzo, in genere un adulto ha circa 5 litri di sangue, poco più di 5 chili, e anche lo scheletro ha un suo peso, che oscilla tra i 10 e i 15 kg e rappresenta in genere circa il 15-20% del peso totale, a seconda di età e sesso del soggetto (e con questa informazione abbiamo messo fuori uso la storica scusa delle ossa grosse per un peso troppo elevato).

Anche il contenuto di acqua varia in base a età e sesso del soggetto e può essere influenzato da una miriade di fattori diversi. La somma dei pesi di questi diversi componenti ci dà il nostro peso totale, quello che leggiamo sulla bilancia, ma spesso questa informazione non è particolarmente utile, visto che non sappiamo nulla delle singole componenti.

PESO SULLA BILANCIA vs COMPOSIZIONE CORPOREA

Chi è attento alla propria forma o chi è a dieta spesso conferisce un’importanza enorme al valore del proprio peso corporeo: se i numeri calano euforia, festa grande e danze brasiliane, mentre quando i numeri salgono sconforto, tristezza e profonda saudade.

E chiaramente i media non aiutano, focalizzando l’attenzione sulla perdita di peso ad ogni costo, con la spettacolarizzazione e la diffusione di diete e metodi sempre più eccentrici, e potenzialmente problematici, il cui unico scopo è quello di far scendere il più rapidamente possibile quei numeretti sulla bilancia. Tuttavia quei numeri in caduta libera, quelle variazioni che la bilancia registra, cosa ci dicono realmente?

Facciamo un piccolo esempio: la signora Pina ha intrapreso una dieta super ferrea, con utilizzo di prodotti light, tanta attività aerobica -pardon cardio, perchè Pina è personcina alla moda, vero Bro?- e i supplementi giusti che gli ha consigliato l’amica che è tanto dimagrita. Dopo un mese la signora Pina registra una perdita di 6 chilogrammi, è in pace con il mondo, ama la bilancia e il suo prossimo, è felice.

La domanda tuttavia è: che cosa è che ha perso? Ossa? Direi improbabile. Organi? Anche questo difficile possa succedere. Grasso, acqua, muscoli? Non lo sappiamo, la nostra bilancia non può dircelo.

Per poter capire meglio cosa succede bisognerebbe valutare la composizione corporea della nostra signora Pina.

Al fine di valutare la composizione corporea, scienziati e ricercatori hanno sviluppato differenti modelli che cercano di raggruppare acqua, organi, tessuti, minerali in diverse componenti, che vanno da due nei modelli più semplici, a quattro o più nei modelli più complessi.

Dal punto di vista pratico, parlando del tipico soggetto a dieta o dell’atleta, il modello più semplice e di immediato utilizzo è il modello bicompartimentale, in cui il peso corporeo è dato dalla somma di massa grassa e massa magra.

  • La massa grassa è la somma di tutto il tessuto adiposo, del grasso viscerale ed essenziale, del pannicolo adiposo sottocutaneo etc, presente nel nostro organismo.
  • La massa magra è tutto ciò che non è grasso, muscoli, organi, sangue, minerali ed ossa. Più propriamente si dovrebbe parlare di massa priva di grasso -Fat Free Mass, FFM come spesso è indicata-  la cui stima presuppone una certa uniformità nel contenuto di acqua, dal 72 al 74%, e del contenuto di potassio, intorno a 2,3-2,5 kg/kg peso corporeo.

Tornando all’esempio della signora Pina e ai suoi 6 kg perduti in un mese -6kg in un mese, signora mia!- la bilancia darà sicuramente grandi soddisfazioni, ma un’analisi più accurata potrebbe cancellare il sorriso della nostra sfortunata signora.

Magari valutando la composizione corporea della nostra amica scopriamo che la massa grassa è diminuita di un solo kg , quindi gli altri 5 kg perduti sono da imputare a una riduzione della massa magra, situazione tutt’altro che ideale: una perdita di grasso modesta accompagnata da una perdita magari importante di acqua e muscolo, visto che il peso di organi, scheletro e sangue rimane relativamente costante.

La conclusione è che la dieta e lo stile di vita della nostra Pina sono completamente sbagliati: magari proteine e grassi insufficienti nella dieta, magari un esercizio eccessivo o sbagliato. La signora non sta dimagrendo, si sta sciupando -come avrebbe acutamente osservato mia nonna- e nonostante i numerini sulla bilancia le stiano dando ragione, in realtà sta facendo cose sbagliate che le provocheranno danni e problemi nel lungo periodo.

VALUTAZIONE DELLA COMPOSIZIONE CORPOREA

La domanda che sorge spontanea è: si, tutto bellissimo, ma come si misurano massa grassa e massa magra? Come faccio a capire cosa rappresenta il numero che vedo su quella benedetta bilancia?

I metodi disponibili sono numerosi, alcuni relativamente semplici da utilizzare, altri più complessi, dipendenti dall’utilizzo di macchinari anche molto costosi.
Si va dai plicometri, dei semplici calibri per la misurazione del pannicolo adiposo sottocutaneo, all’impedenziometria, fino all’uso di strumenti come la DEXA, sorta di esame radiografico che permette una valutazione abbastanza accurata della composizione corporea, probabilmente il golden standard in questo tipo di applicazione.
Si tratta ovviamente di metodi che non sono facilmente accessibili in ambiente casalingo, anche se in commercio ci sono bilance con rilevatori impedenziometrici, le cui prestazioni lasciano tuttavia molto a desiderare.

I professionisti del mestiere (me compresa) sono stati formati nell’utilizzo di questi strumenti, e sapranno utilizzarli al meglio per aiutarvi in un corretto percorso di dimagrimento che comporti una perdita di grasso e non di preziosa massa magra. 

MA ALLORA LA BILANCIA E’ DA BUTTARE?

Assolutamente no. Registrare periodicamente il proprio peso è cosa buona e giusta e, a mio modo di vedere, è uno strumento importante per evitare una pericolosa deriva che può portare a consistenti aumenti di peso.

Nonostante si tratti di un numero, è comunque un valido strumento per tenere sotto controllo GLI ANDAMENTI del proprio peso corporeo. Se per tutta la mia vita ho pesato 50 kg, e ora la mia bilancia mi segna un peso di 80 kg.. forse è il caso di farsi due domandine e chiamare la vostra dietista di fiducia (PS. Trovate il modulo per contattarmi qui).

Tuttavia non è bene neppure essere ossessionati da un numero che di per sé non ci fornisce grandi informazioni. Se il numero aumenta cosa sta crescendo realmente? Il grasso? Il muscolo? Sto accumulando acqua? E se il numero cala è il grasso che se ne va, sto perdendo massa magra o mi sto disidratando?

Per rispondere a queste domande bisogna valutare la composizione corporea. Magari accanto al peso possiamo valutare qualche circonferenza, o magari possiamo ricorrere a strumenti più sofisticati.

Se non si disponesse di un plicometro o di un bioimpedenziometro, l’ausilio fondamentale da associare alla bilancia e alle rilevazioni delle circonferenze resta lo specchio. Anzi, lo specchio andrebbe utilizzato sempre, anche disponendo degli altri strumenti. Esso materializza la nostra volontà, riflette (è proprio il caso di dirlo) il nostro impegno. È il punto in cui realtà e immaginazione si scambiano vicendevolmente di posto.


Dobbiamo ricordare però che il peso sulla bilancia può variare drammaticamente se per qualche giorno non abbiamo evacuato, se abbiamo mangiato troppo saporito o abbiamo assunto farmaci che determinano ritenzione idrica.

L’ideale è utilizzare una bilancia affidabile, meglio quelle non digitali, disposta su superficie dura e piana, misurando il nostro peso al mattino, in biancheria o nudi, dopo aver evacuato. E soprattutto, sempre sulla stessa bilancia e sempre nelle stesse condizioni.

In questa maniera si eliminano molti dei fattori di disturbo che possono generare ansia o sconforto. E periodicamente sottoporsi a valutazione della composizione corporea che ci darà indicazioni decisamente più precise su quello che sta accadendo al nostro corpo.

Non possiamo lasciare che siano le variazioni di un numero su di uno strumento a condizionare la vita: dobbiamo capire cosa accade al nostro corpo, ricercando armonia e benessere, e non qualche arbitraria variazione numerica che poco ci dice delle nostra reale condizione fisica.

QUINDI, RICAPITOLANDO

  • SI’ alla bilancia come metodo di valutazione dell’ andamento del peso corporeo, consapevoli di tutti i limiti che presenta e ricordando che non sono le oscillazioni di 1-2 kg a doverci mandare al manicomio
  • NO alla bilancia come strumento di tortura psicologica. Non identificatevi con quel numero, perchè quel numero non dice nulla di voi e di come siete fatti.
#5 – ACIDO LATTICO E DOLORI DEL GIORNO DOPO, COSA NE PENSA UN VERO BRO?

#5 – ACIDO LATTICO E DOLORI DEL GIORNO DOPO, COSA NE PENSA UN VERO BRO?

ACIDO LATTICO, davvero è lui il responsabile dei dolori del giorno dopo?

NO, NON E’ L’ACIDO LATTICO

il colpevole non e’ l’acido lattico, ma allora di chi e’ la colpa?

Capita ancora di frequente, nel 2020, di sentire persone che si lamentano dei dolori causati dall’acido lattico nei due, tre giorni successivi all’allenamento.

Con l’articolo di oggi, proviamo a dare qualche definizione e a chiarire innanzitutto cos’è L’ACIDO LATTICO e a cosa sono dovuti i DOLORI POST ALLENAMENTO.

ACIDO LATTICO, COS’E’?.

ACIDO LATTICO (in FISIOLOGIA) – Fonte Wikipedia:

” È un ossiacido il cui gruppo carbossilico può dissociarsi in soluzione e liberare un idrogenione (H+). Nell’ambiente endocellulare, a pH fisiologico, l’acido lattico è dissociato per oltre il 99% in due ioni: ione lattato (La-), carico negativamente, e ione idrogeno (H+), carico positivamente. Per questo motivo è più corretto parlare sempre di lattato e ioni idrogeno, piuttosto che di acido lattico. ”

Chiaro? Per me NO!!!

Cerchiamo di spiegare in maniera semplice le funzioni dell’acido lattico durante l’esercizio fisico.

Noi sappiamo che il Tessuto Muscolare per poter svolgere le sue funzioni (Contrazione e Rilassamento) ha bisogno che il Sangue gli fornisca “benzina” che nel caso di esercizio Anaerobico sarà “GLUCOSIO”, mentre nel caso di esercizio Aerobico saranno gli “ACIDI GRASSI”, che reagendo con l’Ossigeno (O2) genereranno l’ATP necessario, appunto alla contrazione del muscolo.

QUANDO SI FORMA L’ACIDO LATTICO (LATTATO)???

La massima produzione di ATP (Adenosina Trifosfato) avviene attraverso vie metaboliche aerobiche come la glicolisi-ciclo dell’acido citrico. Se la cellula dispone di un’adeguata quantità di ossigeno, sia il glucosio sia gli acidi grassi possono essere metabolizzati per ottenere ATP attraverso la fosforazione ossidativa. Quando la richiesta di ossigeno supera la disponibilità, il metabolismo del glucosio segue la via anaerobica. E’ proprio in questo contesto di scarsità di ossigeno nella cellula, che il piruvato (che è il prodotto finale della glicolisi) viene convertito in ACIDO LATTICO ed entra nel ciclo dell’acido citrico. Ed è proprio qui che, mentre ci si allena si iniziano a sentire dolori localizzati al muscolo interessato con conseguente perdita di forza, tanto è vero che, in genere, uno sforzo anaerobico non può essere sostenuto per periodi lunghi. Una volta ultimato lo sforzo, il LATTATO in circolo, viene smaltito dal fegato in piruvato e successivamente, di nuovo, in glucosio che il sangue continuerà ad apportare al Tessuto muscolare.

Questa ESTREMA SEMPLIFICAZIONE è servita per far capire, in una decina di righe che la formazione di ACIDO LATTICO è del tutto momentanea e che quest’ultimo viene a formarsi sostanzialmente perché il nostro organismo è come se andasse in emergenza per la mancanza di ossigeno ed infatti, mentre si è intenti in sforzi del genere si tende ad aumentare il ritmo della respirazione, questo perché il nostro corpo richiede sempre più ossigeno, ma nel contempo espelle Anidrite Carbonica (CO2).

In genere, comunque, il nostro corpo riesce a smaltire la presenza di lattato all’interno dell’organismo nelle successive 2 ore a seguito dell’allenamento.

Ok, miei cari BRO, abbiamo capito, spero che il “DOLORE DEL GIORNO DOPO” non è causato dall’ACIDO LATTICO, ma allora a cos’è dovuto??

VI PRESENTO I D.O.M.S. – Delayed Onset Muscle Soreness

D.O.M.S. – Dolori Muscolari ad Insorgenza Ritardata.

Svelato il mistero dell’ACIDO LATTICO, parliamo ora dei DOMS e cioè dei dolori muscolari ad insorgenza ritardata, i quali, a seguito di una seduta di allenamento molto intensa, a volte, ci accompagnano per i successivi 2-3 giorni. Ma perché ciò accade?

Per rispondere a questa domanda bisogna analizzare cosa, effettivamente causa i DOMS. Proviamo a pensare quando è stata l’ultima volta che abbiamo provato il dolore “gratificante” di questo fenomeno.

A me verrebbe da dire in uno o più di questi casi:

  • non ci alleniamo da almeno una settimana;
  • aumentiamo i carichi in maniera non graduale;
  • proviamo un nuovo allenamento.

Siete d’accordo? Credo di si!!

Bene, ora proviamo a generalizzare esplicitando questi casi e contestualizzandoli, dunque:

  • non ci alleniamo da almeno una settimana – STIMOLO INFREQUENTE
  • aumentiamo i carichi in maniera non graduale – INTESITA’ DI CARICO ELEVATA;
  • proviamo un nuovo allenamento – MOVIMENTO SCONOSCIUTO (sia dal nostro Sistema Nervoso Centrale e sia dal Sistema Muscolare).

D.O.M.S. E STIMOLO INFREQUENTE.

Un esempio di stimolo infrequente può essere il cambio di schema motorio, cioè se siamo seguendo degli allenamenti per la forza come i 5×5 e variamo con degli schemi 4×10 o 3×12, potremmo avere la comparsa dei DOMS a causa dell’aumento di volume dell’esercizio.

Ma allo stesso tempo, se non ci si allena per un determinato periodo di tempo, che può essere più o meno elevato in base alla preparazione atletica del soggetto, quando si andrà ad effettuare un nuovo allenamento (magari anche non molto pesante) è probabile che i DOMS si ripresenteranno, in quanto l’organismo si sarà “disadattato” ad un determinato schema motorio.

D.O.M.S. causati da INTESITA’ DA MANCATO ADATTAMENTO AL CARICO – INTENSITA’ ELEVATA

Oltre all’aumento di Volume (cioè il totale delle rep) anche uno spropositato aumento del carico non graduale potrebbe portare al verificarsi dei DOMS, in quanto, di nuovo, l’organismo è “disadattato” a tale sforzo, sebbene, in questo caso, conosce lo schema motorio molto bene, ma non è abituato a farlo con un determinato carico.

D.O.M.S. causati da MOVIMENTO SCONOSCIUTO

Questo è il caso più frequente.

Quante volte ci è capitato di provare una nuova disciplina e pur essendo molto allenati nella nostra specialità, il giorno dopo è come se ci fosse passato un treno sopra.
Questo accade perché effettuiamo dei movimenti “nuovi” sia dal punto di vista muscolare ma soprattutto dal punto di vista nervoso, e cioè il nostro Sistema Nervoso Centrale, in quanto vengono prodotti elettroliti (ioni calcio), radicali liberi, reflusso di enzimi, che vanno a sovraeccitare i nocicettori muscolari. I neuroni così aumentano i segnali dolorifici al cervello.

ECCO SVELATO L’ARCANO!!!

Riguardo i D.O.M.S. c’è però un’altra leggenda da palestra, degna di entrare nella BROSCIENCE e cioè che questi dolori siano causati da microlesioni presenti sul muscolo a seguito dell’allenamento.

Per contestare tale teoria è sufficiente notare che tali dolori spariscono quando iniziamo ad allenarci. Infatti è vero che l’allenamento causa danni al muscolo, ma è anche vero che l’afflusso di sangue ai muscoli, proprio dell’allenamento, porterà via i cataboliti che sovraccaricano i nocicettori muscolari.

Ultima BALLA DA PALESTRA degna di un vero BRO è quella che vede i D.O.M.S. come segnale di un corretto allenamento.

D.O.M.S. E CORRETTO ALLENAMENTO

Sebbene sia un dolore “gratificante”, i D.O.M.S. non hanno alcuna relazione con il buon allenamento e la crescita muscolare!!!ù

Un soggetto/atleta cresce solo e soltanto se migliora i parametri allenanti, quali;

  • VOLUME;
  • INTENSITA’;
  • DENSITA’.

ma soprattutto li varia progressivamente, aumentando i carichi ed il volume, diminuendo la densità.

Su tale argomento consiglio la lettura degli articoli:

Slide presa da : https://www.projectinvictus.it/doms/

Fonti:

#4 – MASSIMA QUOTA PROTEICA? 30g BRO!!!

#4 – MASSIMA QUOTA PROTEICA? 30g BRO!!!

Quante proteine possiamo mangiare in un sigolo pasto?

E’ ancora tutt’oggi diffusa la teorie dei vari bro e santoni di turno secondo la quale la massima quota proteica di un pasto è fissata a 30 grammi, pena la trasformazione dell’eccesso in grasso oppure la non assimilazione. Ma davvero è così?

LE PROTEINE IN ECCESSO DIVENTANO DAVVERO GRASSO?

Bene, prima di parlare di PROTEINE IN ECCESSO, è fatto obbligo di citare il fabbisogno proteico, il quale varia da un soggetto ad un altro in base a composizione corporea, stile di vita ed obiettivi (… a lungo termine!!!).

IL FABBISOGNO PROTEICO

L’E.F.S.A. (European Food Safety Authority), cioè l’Autorità Europea in materia di Alimentazione, nel 2012 ( e solo nel 2012…) ha stilato delle linee guida sull’apporto proteico (https://www.efsa.europa.eu/it/press/news/120209):

  • Adulti (compresi gli anziani): 0,83 g per kg di peso corporeo al giorno.
  • Lattanti, bambini e adolescenti: tra 0,83 g e 1,31 g per kg di peso corporeo al giorno, a seconda dell’età.
  • Donne in gravidanza: assunzione supplementare di 1 g, 9 g e 28 g al giorno rispettivamente per il primo, secondo e terzo trimestre.
  • Donne in allattamento: assunzione supplementare di 19 g al giorno nei primi 6 mesi di allattamento e di 13 g al giorno nel periodo successivo.

Tale valore corrisponde a stime ricavate misurando e comparando l’escrezione urinaria di azoto (un fattore indice del Turnover Proteico, il “ricambio” e il “consumo” protidico giornaliero.)

Gli stessi scienziati, nello studio sopra citato, dichiarano che “Sono stati presi in considerazione anche diversi risultati sulla salute eventualmente associati all’assunzione di proteine, ma i dati sono risultati insufficienti per stabilire i VALORI DIETETICI DI RIFERIMENTO

Cosa vuol dire?

che i valori standard del FABBISOGNO PROTEICO sono stati ricavati da stime puramente quantitative (ricambio azoto) e non qualitative. Tanto è vero che nelle “Linee guida del Ministero della Salute” non sono indicati quantitativi giornalieri di assunzione di proteine.

Credo, dunque, che sia il caso di modificare il parametro “FABBISOGNO PROTEICO STANDARD” con il parametro “FABBISOGNO PROTEICO SOGGETTIVO”

IL FABBISOGNO PROTEICO SOGGETTIVO

Come abbiamo anticipato nella prima parte dell’articolo, il FABBISOGNO PROTEICO varia da soggetto a soggetto in base a:

  • Stato di Salute del Soggetto;
  • Composizione Corporea;
  • Livello di Attività giornaliera (allenamento);
  • Obiettivi.

Queste quattro variabili vanno prese in considerazione contemporaneamente e non singolarmente.

Mi spiego, un soggetto che è in sovrappeso (Stato di Salute/Composizione Corporea) e che ha l’obiettivo di dimagrire (Obiettivo) che non vuole fare attività fisica (Livello Attività Giornaliera) avrà un fabbisogno proteico differente rispetto ad un soggetto che parte dalla stessa situazione, ma che pratica regolarmente sport.

Lo stesso si può dire per due atleti in preparazione per una gara, ma in due fasi differenti, uno in fase “Bulk” e l’altro in fase “Cut”, sono entrambi atleti, sportivi, in salute, ma hanno obiettivi differenti e quindi un apporto proteico differente!!!!

Va bene, volete i numeri!!!

Volete la risposta alla domanda:

Peso 80 Kg, quante proteine devo mangiare?

….DIPENDE…..

Dipende dai parametri appena citati. Comunque, vi elenco quelli che sono ad oggi i FABBISOGNI PROTEICI GENERALI:

  • 0.8 g/Kg per i sedentari;
  • 1 – 1.2 g /Kg in gravidanza e allattamento;
  • 1 – 1.2 g /Kg nell’anziano;
  • 1,4 – 2 g/Kg per gli sportivi;
  • 1,6 g/Kg per l’allenemanto con i pesi;
  • Aumento del 20% – 30% nel vagano.

Parlando di sportivi, tali valori subiscono delle sostanziali variazioni:

  • 2,3 – 3,1 g/Kg per massimizzare il mantenimento della massa magra in soggetti con allenamento di resistenza durante periodi IPOCALORICI;
  • >3 g/Kg possono avere effetti positivi sulla composizione corporea in individui sottoposti ad allenamenti per lo sport di resistenza

Dato qualche numero, parliamo ora del “MITO DEI 30g DI PROTEINE A PASTO”

Facendo un esempio:

Prendiamo un atleta di 85 Kg in fase di ipocalorica, e quindi, tornando alle nostre variabili:

  • Stato di Salute del Soggetto: BUONA;
  • Composizione Corporea: ATLETICA;
  • Livello di Attività giornaliera (allenamento): MOLTO ATTIVO;
  • Obiettivi: DIMAGRIMENTO.

Prendendo le Linee guida sul fabbisogno proteico, succitate, il nostro soggetto assumerà 2,8 g/Kg, quindi 2,8 x 85= 238g.

Suddividendo tale apporto proteico in 5 pasti (per comodità), si avrà un apporto proteico di 47,6g di proteine a pasto.

Ora, se prendessimo per buono ciò che i nostri BRO ci dicono, avremo che ben 17,6g di proteine per pasto diventerebbero grasso e che quindi il nostro ATLETA dimagrirà aumentando il grasso corporeo….

QUESTO SEMPLICE ESEMPIO CI FA CAPIRE CHE IL MITO DEI 30 GRAMMI DI PROTEINE PER PASTO NON REGGE!!!!

Cerchiamo di capire ora, da cosa è nato questo mito, ma soprattutto il perché non ha alcun senso!!

PERCHE’ IL MITO DEI 30g DI PROTEINE A PASTO NON HA ALCUN SENSO? LA RISPOSTA E’ “LA FISIOLOGIA DELLA DIGESTIONE!!”

Parliamo brevemente (lo giuro) della “fisiologia della di-gestione delle proteine”

  1. le proteine vengono scisse in catene aminoacidiche sempre più piccole grazie agli enzimi proteolitici, fino a diventare aminoacidi singoli, oligopeptidi e di/tri-peptidi, che vengono poi prontamente assorbite dall’enterocita.
  2. Questi, in base al tipo di AA, vengono trasportati, grazie a delle proteine specifiche, fuori la cellula intesti-nale, raggiungendo il sangue.

Spero di essere stato breve.

Detto questo, possiamo finalmente sfatare IL MITO DEI 30 GRAMMI DI PROTEINE PER PASTO in quanto non esiste un valore preciso che identifichi la capacità di assorbimento delle proteine appena citato, e questo avviene per due semplici motivi:

  1. Perché la digestione è graduale, per cui non è che tutti i grammi di proteine (e quindi di aminoacidi) arrivino insieme al cospetto delle proteine trasportatrici essendo dunque assorbiti contemporaneamente. Proprio la gradualità e la regolazione dei processi digestivi fa sì che i trasportatori specifici siano in qualche modo sempre “liberi” di poter permettere un efficace assorbimento.
  2. Perché l’organismo è in grado di adattarsi al tipo di dieta (ad esempio iperproteica) e a gestire quantità di proteine maggiori del solito.

Per cui se pure fosse che, di base, non siamo in grado di assorbirne più di 30g per pasto, dopo un paio di volte che abbiamo questa abitudine, il nostro intestino aumenterà tale capacità , per cui sarà in grado di accogliere anche quantità maggiori di nutrienti.

In generale ricordiamo che sia l’efficienza della digestione sia dell’assorbimento, delle proteine, è particolarmente alta, aggirandosi intorno al 95%.

L’unica situazione che potrebbe portare alla preoccupazione di non essere in grado di assumere più 30 grammi di proteine in un unico pasto, è quando questo apporto proteico è dovuto all’ingestione di proteine in polvere, e quindi per mezzo di pasti liquidi.
In questo caso, infatti, la digestione è molto più veloce e magari l’assunzione di un quantitativo di 50 o 60 grammi contemporaneamente potrebbe saturare i trasportatori degli AA che quindi non saranno più in grado di portare a compimento efficacemente il processo di assorbimento nella sua complessità e totalità.

RELAZIONE TRA PROTEINE E AUMENTO DI GRASSO CORPOREO

Per descrivere questa famigerata relazione, ripropongo l’esempio del soggetto sportivo che pesa 85 Kg già analizzato in precedenza.

Questa volta ipotizziamo che il soggetto sia in fase di “Bulk” e quindi che gli venga proposta una dieta, ovviamente, ipercalorica, e quindi, contestualizzando:

  • Stato di Salute del Soggetto: BUONA;
  • Composizione Corporea: ATLETICA;
  • Livello di Attività giornaliera (allenamento): MOLTO ATTIVO;
  • Obiettivi: CRESCITA MUSCOLARE – AUMENTO DI PESO.

Dall’analisi del soggetto e delle indicazioni date nella prima parte dell’articolo, il fabbisogno proteico del soggetto sarebbe 1,6 g/Kg di peso corporeo, ma andiamo in deroga e continuiamo a dare lo stesso quantitativo di proteine che abbiamo dato della fase di “Cut” – Ipocalorica, dell’esempio precedente, e cioè 2,8 g/Kg.

Vuol dire che il soggetto continuerà a introdurre nella sua dieta 238 g di proteine e quindi 952 Kcal (238g x 4 Kcal). Stavolta, come anticipato, l’atleta è in ipercalorica e quindi subirà un aumento del peso corporeo che sarà la somma dell’aumento della massa muscolare e del tessuto adiposo.

Come è facile dedurre da questo semplice esempio, il soggetto sara “ingrassato” non per l’eccessivo apporto proteico, ma a causa del surplus calorico che, ci tengo a precisare, è necessario durante la fase di costruzione muscolare.

ATTENZIONE PERO’!!!!

Il mito delle proteine che fanno ingrassare è dovuto ad un effetto “indiretto” che queste hanno sul tessuto adiposo e cioè, non la trasformazione degli aminoacidi in quest’ultimo, ma la possibilità che ha il nostro organismo di usare gli aminoacidi a scopo energetico (portando alla produzione di glucosio) i quali possono inibire la lipolisi (mobilizzazione dei grassi) e l’ossidazione degli acidi grassi (quindi l’utilizzo dei grassi a scopo energetico).

Ecco svelato, dunque, l’arcano che alcuni BRO hanno venduto come scienza o fisiologia.

Il prossimo articolo della sezione #THE BROSCIENCE uscirà dopo le festività natalizie. Quello sarà il periodo dove tutti i BRO inizieranno a dare il loro meglio nel dispensare consigli per far perdere in un attimo i Kg di troppo presi durante i cenoni.

STATE SERENI, proveremo ad analizzare e sfatare i miti dei vari “brucia grassi” che sciolgono il grasso addominale.

CARO DIARIO.. ALIMENTARE

CARO DIARIO.. ALIMENTARE

Un diario alimentare altro non è che un registro giornaliero nel quale si segna tutto ciò che si mangia e beve nell’arco della giornata, cercando anche di aggiungere dettagli come l’orarioil luogoil senso di fame , le impressioni e altri particolari specifici a seconda delle necessità.

Compilarlo ogni giorno ci permette di avere le idee chiare su quanto abbiamo realmente mangiato. “Mangio poco eppure ingrasso” diciamo di solito; ma è proprio così? Siamo davvero consapevoli di quanti e quali cibi consumiamo durante tutta la giornata?

A cosa serve il “Diario Alimentare”?

La compilazione di un diario alimentare ha differenti scopi, diversi a seconda delle circostanze e del significato che vogliamo attribuirgli.

Quando chiedo ai miei pazienti di compilare un diario in cui annotare tutto quello che mangiano e bevono nell’arco della giornata, lo faccio in prima istanza per me stessa: non c’è modo migliore di indagare le abitudini alimentari e l’introito calorico medio delle persone e che fargli mettere nero su bianco ogni pasto. Questo è il primo passo per poter costruire un piano alimentare personalizzato: conoscere quanto e come mangia la persona davanti a me, mi permetterà di individualizzare e personalizzare la dieta, che è la chiave per il successo della stessa.

Per il professionista, il diario alimentare è indispensabile.

E vi do un piccolo consiglio: diffidate da chi, al primo controllo, non vi chiede di parlarvi delle vostre abitudini alimentari. La dieta pre-stampata, in questo caso, è dietro l’angolo. Ma andiamo oltre.

E per il paziente? Perché è importante compilare il diario alimentare?

Avete mai compilato un diario alimentare? Se la vostra riposta è sì, avrete sicuramente sperimentato quella sensazione di “auto-consapevolezza” che si prova quando ci si ritrova a scrivere quello che stiamo mangiando. Pensiamoci bene. Molte volte, ci ritroviamo a spiluccare ed assaggiare, senza nemmeno rendercene conto. Una nocciolina lì, un pezzo di pane qui, un cioccolatino prima di uscire di casa. E il nostro cervello sembra non registrarlo. Magari ce ne rendiamo conto quando, il giorno dopo, ritroviamo la carta del cioccolatino in borsa.

Ecco, tutto quel spilluzzicare e assaggiare incosapevole, a fine giornata, avrà il suo peso. Le calorie che ingeriamo, come sappiamo bene, fanno parte di quello che è il bilancio energetico, e se questo pende verso le “entrate”, a lungo andare, si ingrassa, Punto.

Quando compiliamo un diario alimentare, acquisiamo consapevolezza. Quando siamo “costretti” a scrivere tutto quello che ingeriamo, ci rendiamo effettivamente conto di quanto effettivamente, a fine giornata, non abbiamo mangiato solo un’insalata a pranzo e un petto di pollo a cena.

Il diario alimentare aiuta a comprendere dove si sbaglia, così da poter intervenire e correggere la propria dieta e le proprie abitudini e ricominciare a vedere scendere l’ago della bilancia.

Le sensazioni

Nella compilazione del diario, annotare anche le sensazioni che si hanno al momento del pasto, è importante per comprendere appieno il rapporto emozionale che si ha nei confronti del cibo. Si mangia sempre per fame o anche per noia, tristezza, depressione? Si sceglie di aggiungere un dolce al proprio pasto perché si ha voglia di concedersi un alimento gradito o lo si fa per colmare qualche lacuna emotiva? Si mangia perché ci si sta nutrendo o perché si cerca di sfogare, tramite il cibo, sensazioni negative come la rabbia, il nervosismo, lo stress?

Identificare questi stati d’animo ci aiuterà a capire perché stiamo mangiando, che cosa ci spinge a farlo e potrà aiutarci a fare scelte alimentari più sane.

In questo contesto, aprirsi completamente e mostrare un lato che magari non tutti conoscono, che si tende a tener nascosto, non è affatto semplice.

L’ Emotional eating è un comportamento alimentare emotivo che consiste in una sorta di confusione tra emozioni e cibo e che produce una sensazione di perdita di controllo sul proprio comportamento alimentare. L’atto di alimentarsi diventa una compulsione incontrollabile scatenata da stati emotivi. Un comportamento alimentare automatico non derivato da una reale sensazione di fame fisica; la persona non si rende conto di consumare in poco tempo una grande quantità di un certo alimento scelto quasi casualmente, senza nemmeno provarne il gusto e dopo, generalmente, soffre di sensi di colpa.

In questo specifico caso, che è molto più diffuso di quello che immaginate, compilare un diario alimentare e commentarlo insieme al professionista che vi segue vi aiuterà ad indagare sulle vostre emozioni, sugli impulsi che determinate circostanze o sensazioni vi scatenano.

MA IO.. TRACCIO I MACROS SU MYFITNESSPAL!

Di applicazioni che vi permettono di compilare un diario alimentare “fai da te” ormai ne esistono a bizzeffe.

Ma, queste app, funzionano? 

CERTO! Possono senza dubbio aiutarti a registrare i pasti e tenere un diario, ma la differenza rispetto a un esperto è la persona che c’è dietro e che è in grado di seguirti passo dopo passo.

Quando non c’è nessuno a leggere le nostre annotazioni il rischio è di smettere in fretta, e spesso il monitoraggio non dura più di una settimana. Sì, perché il diario alimentare deve essere soprattutto uno strumento da utilizzare in modo mirato per individuare e porre rimedio ai nostri errori, migliorando lo stile alimentare quotidiano. Attenzione, non la dieta ma lo stile: questo significa stabilire una relazione con il cibo che sia di pienezza, nutrimento autentico e gioia.

5 CONSIGLI PER COMPILARLO AL MEGLIO

  • LA PAROLA D’ORDINE E’: ONESTA’

L’onestà è l’aspetto in assoluto più importante nella compilazione del diario. È il primo passo per disinnescare quei meccanismi psicologici diabolici che intrappolano chi vuole cambiare il proprio stile alimentare “Un diario alimentare falso non è di nessuna utilità, nè per te, nè per il professionista che ti segue: in quei casi, se si teme di poter mentire, meglio non compilarlo affatto e aspettare di sentirsi pronti per la sincerità.

  • NON RIMANDARE, SCRIVI SUBITO

Non rimandare il momento in cui racconti al tuo diario cosa hai mangiato. Porta sempre con te il diario e scrivi dopo ogni pasto, dopo ogni cioccolatino, dopo ogni pezzo di pane mentre cucini, in modo da non dimenticare nulla e tenere sempre la tua alimentazione sotto controllo.

  • SEGNA DOVE, CON CHI E QUANTO HAI MANGIATO

Cerca di essere il più dettagliata possibile: elenca tutti gli ingredienti dei cibi, il tipo di pasta o di formaggio o di carne che hai consumato. Specifica le quantità, dove ti trovavi e con chi.
Raccontare con chi eri e in quale luogo ti trovavi ti permetterà di capire quali sono le situazioni e i contesti più a rischio per te da cui doverti proteggere, questo soprattutto se soffri di emotional eating.

  • SCRIVI QUANDO SGARRI

Non mentire a te stesso. Racconta tutte le volte che fai delle eccezioni alla dieta per capire quanto spesso accade. Il diario alimentare può diventare uno strumento preziosissimo, che per alcuni può fungere da monito nell’idea che “se non rispetto la dieta, poi lo devo scrivere e non ho voglia che sia così” .

  • RACCONTA LE TUE EMOZIONI

Non tralasciare di raccontare le tue emozioni legate ai pasti. Un esercizio importante che ti fa capire quali sono gli stimoli emotivi che ti portano a mangiare in eccesso o troppo poco. Se ad esempio mangi perché ti senti frustrato, potrai gestire meglio questo sentimento senza doverti rifugiare nel cibo.

#3 – PASTO PRE NANNA.  IL BRO vs  CATABOLISMO!!

#3 – PASTO PRE NANNA. IL BRO vs CATABOLISMO!!

IL PRE NANNA, E’ DAVVERO UN’ARMA LETALE CONTRO IL CATABOLISMO??

In questo nuovo articolo della sezione BROSCIENCE proveremo ad analizzare in maniera oggettiva e scientifica se questa abitudine è davvero utile, se non indispensabile per combattere quella che, nell’articolo :

abbiamo definito come “Nuova malattia del secolo” e cioè

“IL CATABOLISMO MUSCOLARE”

Ormai, la pratica del pasto PRE NANNA si è diffusa a macchia d’olio in tutte le palestre del mondo, nei vari centri Personal Trainer e nei Box CF.

Chi la consiglia sono i vari BRO, Personal Trainer, i Coach, ma anche e soprattutto “mio cuggggino che ha studiato e ha gli addominali!!”

MA PERCHE’ TUTTI PRESCRIVONO QUESTO BENEDETTO PRE-NANNA??

SEMPLICE…..

EVITARE IL CATABOLISMO MUSCOLARE

Ma questa pratica ha davvero senso?

Indovinate… DIPENDE!!!

Come ogni argomento in questo ambito, bisogna sempre contestualizzare ed è proprio questo motivo che tale materia è affascinante.

Mi spiego..

Il fatto che si abbia a che fare con persone e non con automi, rende ogni caso diverso, in quanto ognuno di noi ha una propria genetica, delle proprie abitudini dettate dal lavoro e dalla vita quotidiana in genere, ma soprattutto ha un proprio obiettivo.

E bene, tralasciando volontariamente l’argomento timing degli alimenti, già abbondantemente sviscerato nell’articolo:

quando si parla di PRE-NANNA bisogna parlare innanzitutto di obiettivi, in quanto proprio nella definizione di questi si incontra il primo bivio e cioè SI o NO?

Vi sorprenderà, ma stavolta non c’è nessun DIPENDE, perché se l’obiettivo dell’atleta/persona è quello di dimagrire il PRE-NANNA non è indispensabile, in quanto in tale contesto il soggetto sarà in deficit calorico e quindi l’effettuare tale pasto porterà, di certo, a dover limitarsi ulteriormente durante tutti gli altri pasti della giornata.

Se invece la persona ha come obiettivo quello di aumentare la propria massa muscolare, allora il PRE-NANNA, in questo caso potrebbe aiutare, ma non solo per il motivo che la maggior parte dei BRO esclama, e cioè:

“EVITARE IL CATABOLISMO”

che non è sbagliato, e sul quale torneremo, dandone una spiegazione pseudo-scientifica, ma i principali motivi per i quali la pratica del PRE NANNA potrebbe essere consigliata sono:

  1. Migliorare la qualità del sonno;
  2. completare l’apporto proteico giornaliero.

Il primo punto è di facile comprensione, il classico “dormire con la pancia piena”. Questo punto è importante perché una buona qualità del sonno porta ad un miglior recupero che porterà a sua volta ad allenarsi in maniera migliore.

Il secondo punto, invece, necessita di una breve, ma importantissima, spiegazione di quelle che sono:

  • La SINTESI PROTEICA MUSCOLARE;
  • il CATABOLISMO PROTEICO MUSCOLARE;
  • il BILANCIO PROTEICO MUSCOLARE.

SINTESI PROTEICA MUSCOLARE (MPS)

Come ormai chiaro a tutti, i nostri muscoli si nutrono di EAA (aminoacidi essenziali) i quali vengono garantiti dall’apporto di proteine (non è questo il contesto per parlare dell’origine animale o vegetale di questo macronutriente)

Parliamo di Sintesi Proteica Muscolare quando il nostro muscolo assorbe gli EAA per crescere (lo so, ho banalizzato, ma il senso è questo. ndr)

CATABOLISMO PROTEICO MUSCOLARE (MPB)

Parliamo di Catabolismo Proteico Muscolare, invece, quando i muscoli tendono a degradare le proteine facenti parte del tessuto muscolare.

BILANCIO PROTEICO MUSCOLARE (BAL)

Il Bilancio Proteico Muscolare è la differenza tra il MPS ed il MPB. Ed è proprio questo BAL che determinerà, nel tempo, la perdita o meno della massa muscolare.

Ci sono alcuni studio, come ad esempio:

  • (Kinsey 2015, Trommelen 2016)
  • (Res 2012)
  • (Snijders 2015)
  • e molti altri.

che indicano delle linee guida sull’assunzione e la distribuzione delle proteine.

Da tali studi si evince che:

  • la MPS sembra diminuire dopo 3-4 ore dal pasto, per cui, se con-sideriamo un apporto proteico totale di 1,6-2g/kg, la linea guida più semplice è di consumare 4-5 pasti ogni 3-4 ore, tutti comprendenti circa 0,4g/kg di proteine.
  • Non vi sono chiare evidenze, comunque, che una differente distribuzione proteica sia realmente sconsigliabile, anche perché dobbiamo sempre ricordare che “aumento/ottimizzazione MPS” non significa “aumento massa muscolare” in quanto conta il BAL, ovvero il bilancio proteico muscolare totale, nel tempo.

Detto questo, tornando al nostro punto 2, cioè “completare l’apporto proteico giornaliero”, la pratica del PRE-NANNA potrebbe venire in nostro aiuto in quanto, essendo in un regime di surplus energetico, quindi avendo un apporto calorico che si aggira dalle 2700 kcal alle 4000 kcal (in base al soggetto), ci aiuterebbe a distribuire i nutrienti (proteine in questo caso) in più pasti.

Come detto nella prima parte di questo articolo, altro fattore determinante nella decisione di consigliare o meno il pasto PRE-NANNA è di certo lo stile di vita del cliente e le sue abitudini.

Se per esempio il soggetto è abituato ad effettuare solamente tre pasti nell’arco della giornata, oppure è vincolato dagli orari lavorativi, di certo una strategia vincente è quella di adattare l’apporto proteico durante i suoi tre pasti, senza forzarlo ad introdurne un altro, a meno che il cliente non sia disposto a modificare le proprie abitudini.

Addirittura, possiamo avere un cliente/atleta abituato o obbligato per varie cause a mangiare solamente in alcuni orari della giornata, quindi che non avrebbe difficoltà a seguire un “Intermittent fasting” e che quindi potrebbe del pasto PRE NANNA per il semplice fatto che gli permetterebbe di arrivare alla quota proteica giornaliera, effettuando un ulteriore pasto nell’intervallo di tempo in cui gli è concesso/possibile.

Come vi sarete accorti, in questo articolo ho parlato spesso di “apporto proteico”, questo perché nella stragrande maggioranza dei casi, il PRE NANNA è un pasto prettamente proteico e consiste in uno shaker di whey o ISO protein.

Anche qui, duole dirlo, ma si è travisato il motivo per il quale tale pratica è nata e si è arrivati, negli anni, ad intende “PRE-NANNA = PROTEINE”.

Purtroppo tale errore è dovuto al fatto che la maggior parte delle persone che lo prescrive (mio cuggggggggino in primis), crede che serva “esclusivamente” ad evitare il famigerato CATABOLISMO MUSCOLARE, mentre ora noi sappiamo che non serve solo a questo, anzi ha altre ragioni più nobili, tra le quali abbiamo citato il: “completare il fabbisogno proteico”, ma in realtà, tale pasto potrebbe essere utile anche per colmare il gap glucidico o lipidico.

Quello che voglio dire è semplicemente che il pasto PRE-NANNA non deve essere necessariamente proteico, ma può essere anche composto da carboidrati o grassi. Ad esempio, potremmo mangiare delle noci, uno yogurt greco, un frutto o qualsiasi altra cosa possa garantirci di assumere tutti i macros previsti dal nostro piano alimentare.

Ultima perla, GIURO.

Vi siete chiesti perché i PRE-NANNA che i BRO vi prescrivono sono composti quasi sempre da non più di 30g di proteine?

Proverò a rispondere lunedì prossimo nel #4 articolo di questa rubrica.

(P.S. Non c’entra il diventare impotenti)